>> Login Sostenitori :              | 
header-1

RSS 2.0
Il Vicolo Cieco del Sionismo
Stampa
  Text size
Separazione o pulizia etnica ? Ingabbiare Gaza mira a far ottenere ad Israele entrambi gli obiettivi

Quanto segue proviene da una discussione tenutasi nell'ambito della Conferenza per il Diritto di Ritorno e di uno Stato Secolare Democratico, conferenza svoltasi ad Haifa il 21 giugno del corrente anno

Nel 1895,  Theodor Herzl, principale profeta del Sionismo, confidò al suo diario che non era a favore della condivisione della Palestina con i suoi nativi. Per essere più precisi, scrisse di "cercare di far sparire in modo occulto al di là della frontiera la miserabile popolazione dei Palestinesi negando ad essa qualsiasi lavoro nel nostro paese...  Sia il meccanismo di esproprio che quello di rimozione dei poveri dovranno essere portati avanti in modo da non dare nell'occhio e da non insospettire."

Stava quindi proponendo un programma forzato di emigrazione dei Palestinesi tramite una politica di rigida separazione fra immigranti giudei e popolazione indigena. In parole povere, si augurava che, una volta che le organizzazioni sioniste avessero conquistato ampie aree della Palestina e preso in mano i settori principali dell'economia, i Palestinesi potessero essere costretti ad andarsene negando loro il diritto di lavorare la terra o di lavorare in attività economiche in mano ai giudei. La sua visione era quindi quella di un trasferimento, una vera e propria pulizia etnica, tramite una separazione etnica.

Herzl stava quindi suggerendo che le due soluzioni possibili al problema della maggioranza Palestinese che vive in Palestina - separazione e trasferimento - non si escludevano necessariamente a vicenda, ma potevano rinforzarsi reciprocamente. Ma c'era di più : egli riteneva che, se combinate opportunamente, si sarebbe potuto far sembrare volontario lo svolgersi della pulizia etnica, come se fosse una scelta delle vittime. E' probabile che questo costituisca sia la sua principale innovazione che il suo più duraturo lascito al colonialismo degli insediamenti.

Negli anni recenti, con la popolazione dei Palestinesi comandata da Israele che sta quasi raggiungendo la parità con i giudei, la minaccia di una maggioranza Palestinese nuovamente incombe in modo pesante sul sionismo. Non è quindi una sorpresa che sia  nuovamente sorto il dibattito circa quale, fra le due soluzioni proposte dai sionisti, sia da seguire : separazione o trasferimento.

Oggi queste soluzioni sono apparentemente appoggiate dai due campi ideologici approssimativamente riconducibili  al centro-sinistra ( Laburisti e Kadima ), ed alla destra ( Likud e Yisrael Beiteinu ) di Israele.  Le argomentazioni politiche moderne fra le due ruotano sulle differenti visioni sulla natura di uno stato giudeo che sono state originariamente proposte, per essere valutate,  dai Laburisti e dai Sionisti Revisionisti.

Per poter inquadrare i dibattiti attuali e gli avvenimenti che si verificano dentro Israele, sulla Sponda Ovest [ West Bank, ndt ]  ed a Gaza, dobbiamo prima di tutto esaminare la storia di questi due principi nel pensiero sionista.

Durante le prime ondate di immigrazione giudea in Palestina, il movimento  dominante dei Sionisti Laburisti, con il suo leader David Ben Gurion, portò avanti delle politiche molto in linea con gli obiettivi di Herzl. In particolare, i Sionisti Laburisti promossero i principi gemelli di "Redenzione della Terra" e di "Lavoro Ebreo", che ebbero come loro premessa l'idea che i giudei dovessero separarsi dalla popolazione nativa nel lavorare la terra e dare lavoro solo altri giudei. Essendo completamente indipendenti in Palestina, i giudei potevano sia "prendersi cura"  da se stessi delle loro indoli corrotte dalla Diaspora sia spogliare i Palestinesi dall'opportunità di vivere nella propria terra natia.

All'avanguardia di questa campagna c'era la federazione dei sindacati sionisti, la Histadrut [ General Federation of Laborers in the Land of Israel, ndt ] che negava l'iscrizione ai Palestinesi e, per molti anni dopo la fondazione dello stato giudeo, negava l'iscrizione anche a quella parte rimasta di Palestinesi che divennero cittadini israeliani.

Ma, se la politica ufficiale del Sionismo Laburista era le separazione, dietro le scene Ben Gurion ed i suoi ufficiali concordavano sempre di più che ciò non sarebbe bastato per raggiungere il loro fine di uno stato etnicamente puro. Le vendite di terreni restavano basse, a circa il 6% del territorio, e le componenti economiche in mano ai giudei si basavano su lavoro palestinese a basso costo.

Al contrario, i Sionisti Laburisti iniziarono a lavorare segretamente ad un programma di pulizia etnica. Dopo il 1937 e dopo che il Britain's Peel Report suggerì la suddivisione della Palestina, Ben Gurion fu più favorevole al trasferimento, riconoscendo che uno stato giudeo sarebbe stato impossibile a meno che le popolazioni indigene non fossero spazzate via dai propri confini.

I nuovi storici di Israele hanno riconosciuto l'impegno di Ben Gurion per il trasferimento. Come osserva Benny Morris, per esempio, Ben Gurion "comprese che non ci sarebbe stato nessuno stato giudeo, se avesse avuto una ampia minoranza araba ostile al suo interno." La leadership israeliana sviluppò quindi un piano per una pulizia etnica camuffata da guerra, compilando dei dettagliati carteggi sulle comunità che avrebbero dovuto essere deportate e quindi passare agli ordini dei comandanti in campo, tale piano era il Plan Dalet [ Plan Dalet = Piano D, un piano maestro per la conquista della Palestina che prevedeva la conquista di più terre possibili e l'espulsione di più Palestinesi possibili; ndt ]. Durante la guerra del 1948, il nuovo stato di Israele venne svuotato di almeno l'80% della sua popolazione indigena. Con l'espulsione fisica della popolazione Palestinese, Ben Gurion rispose alle opportunità del momento e riaggiornò il Sionismo Laburista di Herzl. In particolare, conseguì l'obiettivo dello spostamento, desiderato da Herzl, mentre persuadeva ampiamente il mondo, grazie ad una campagna di propaganda, che l'esodo dei rifugiati era soprattutto volontario.  In uno dei più persistenti miti sionisti, rigettato con convinzione dagli storici moderni, ci viene infatti tutt'ora detto che i rifugiati se ne andarono perchè fu loro detto così dai loro capi arabi.

L'altro fronte, dato dai Revisionisti, ha avuto verso i Palestinesi un comportamento ancora più ambivalente. Paradossalmente, data la loro rivendicazione senza mezzi termini di una Israele più ampia, che abbracciasse entrambi le sponde del fiume Giordano ( includendo così non solo la Palestina ma anche l'attuale Giordania ), i Revisionisti erano  più preparati dei Sionisti Laburisti a permettere ai nativi di rimanere dove si trovavano.

Vladimir Jabotinsky, il capo dei Revisionisti, osservò nel 1938 - probabilmente come secco rifiuto della proposta Ben Gurion del trasferimento - che "dovrebbe essere in odio per qualunque giudeo il pensare che la rinascita di uno stato giudaico possa mai essere collegata ad un suggerimento così odioso quali la rimozione dei cittadini non giudaici."  I Revisionisti, sembra, fossero rassegnati al fatto che il territorio allargato da loro desiderato includesse inevitabilmente una maggioranza di Arabi. Erano quindi meno interessati a rimuovere i nativi che non a trovare modi per far loro accettare regole giudaiche.

Nel 1923, Jabotinsky mise a punto la sua soluzione, una soluzione che implicitamente includeva la nozione di separazione ma non necessariamente quella di trasferimento : un "muro di ferro" di forza incessante che intimidisca i nativi e li induca alla sottomissione. Nelle sue parole l'accordo con i Palestinesi, per il loro soggiogamento, poteva essere conseguito solo "tramite il muro di ferro, cioè, con la costituzione in Palestina di una forza che non sarà in nessun modo influenzata dalla pressione degli Arabi."

Jabotinsky, un sostenitore acceso dell'imperialismo britannico, prevedeva il futuro stato di Israele in semplici termini coloniali, allo stesso modo col quale una elite europea governa delle popolazioni indigene.

All'interno del Revisionismo, comunque,  si verificò un passaggio dall'idea della separazione a quella del trasferimento, passaggio che rifletteva l'evoluzione all'interno dei Sionismo Laburista. Questo cambiamento fu forse dettato più dall'opportunismo che non dall'ideologia, e fu particolarmente evidente quando i Revisionisti intuirono il successo che avrebbe avuto Ben Gurion nel forgiare uno stato giudaico grazie al trasferimento.

Uno dei discepoli di Jabotinsky, Menachem Begin, che sarebbe in seguito diventato Primo Ministro del Likud, fu il capo, nel 1948, della milizia Irgun, milizia che compì una delle peggiori atrocità di tutta la guerra : egli condusse i suoi combattenti nel villaggio Palestinese di Deir Yassin, dove questi massacrarono oltre 100 civili, donne e bambini inclusi.

Benchè un simile evento sia sufficientemente atroce, Begin ed i suoi seguaci gonfiarono consapevolmente il numero dei morti portandoli, grazie alle pagine del The New York Times, a più di 250. Il loro scopo era quello di diffondere il più possibile il terrore nella popolazione Palestinese e di incoraggiarla a scappare. Commentò, felice, successivamente : "In tutto il paese, gli Arabi, portati a credere ai racconti atroci della 'macelleria Irgun', sono stati presi da un panico infinito ed hanno iniziato a fuggire per salvarsi la pelle. Questo esodo in massa diventerà presto un fuggi-fuggi impazzito ed incontrollabile."

Come conseguenza, altre eminenti figure della destra sposarono apertamente la pulizia etnica, fra questi lo scomparso Generale Rehavam Ze'evi, il cui partito Moledet portò avanti la campagna elettorale sotto il simbolo della lettera Ebrea " t " per trasferimento.  Il suo successore, Benny Elon, rabbino e guida dei coloni degli insediamenti, adottò una piattaforma analoga :"Solo il trasferimento della popolazione [ Palestinese, ndt ], può portare la pace."

L'intensità del dibattito fra separazione e trasferimento decrebbe dopo il 1948 e la campagna di pulizia etnica che rimosse dallo stato giudaico la maggior parte della popolazione Palestinese nativa. La minoranza Palestinese lasciata stare - un quinto della popolazione, nient'altro che un gruppo, che era ampiamente previsto sarebbe stata rapidamente sopraffatta dalla immigrazione giudaica - fu vista come una cosa seccante ma non certo una minaccia. Fu comunque collocata sotto il controllo di un governo militare per quasi due decenni, un sistema progettato per rinforzare la separazione fra Palestinesi e Giudei all'interno di Israele. Tale separazione - nell'educazione, nel lavoro e nelle zone di residenza - esiste ancora oggi, anche se in una forma meno estrema.

Il dibattito fra separazione e trasferimento fu principalmente riacceso dopo che Israele conquistò nel 1967 Gaza e la Sponda Ovest del fiume Giordano [ "West Bank", ndt ]. Avendo Israele cancellato la Linea Verde e così sbriciolato la distinzione fra i Palestinesi in Israele e quelli nei territori occupati, il problema della maggioranza Palestinese tornò ad essere nuovamente importante per i Sionisti.

I dibattiti parlamentari del 1967 mostrano quale dilemma si trovò davanti il governo. Quasi da solo, Moshe Dayan propose l'annessione sia dei territori appena catturati che dei Palestinesi ivi residenti. Altri credevano che tale mossa dovesse essere vista come un chiaro colonialismo che sarebbe degenerato rapidamente in un sistema razzista di separazione fra cittadini giudaici e non-cittadini Palestinesi. Nelle loro menti, la soluzione Jabotinsky di un muro di ferro non era più praticabile.  Parallelamente, in una epoca molto più ricca di mezzi di comunicazione che almeno a parole fanno finta di prestare attenzione ai diritti umani, il governo non vede come procedere ad una espulsione di massa della popolazione Palestinese e ad un'annessione delle loro terre, come Ben Gurion aveva fatto in precedenza. Inoltre, il governo potrebbe non vedere come persuadere il mondo che una tale deportazione sia su base volontaria.

Israele si è pertanto rifiutata di muoversi in modo deciso in una o l'altra delle due direzioni, nè portando pienamente avanti il programma di trasferimento nè potenziando una stretta separazione. All'opposto, ha optato per un modello di apartheid che è una modifica del suggerimento di Dayan di una "annessione strisciante" dei territori occupati, "annessione" che Dayan correttamente riteneva sarebbe passata abbondantemente inosservata dall'occidente. La separazione che aveva preso corpo nell'apartheid africana differiva dal modello di Herzl per un importante aspetto : nell'apartheid la popolazione "altra" era una componente necessaria, per quanto fosse abusata, dell'accomodamento politico. Come notò il pensatore Palestinese in esilio Azmi Bishara, in Sud Africa "la segregazione razziale non era assoluta. Si verificò in un contesto di unità politica. Il regime razzista vedeva i neri come parte del sistema, un ingrediente del tutto. I bianchi crearono una gerarchia razzista all'interno dell'unità." 

In altre parole, l'auto-dipendenza, o unilateralismo, implicito nel concetto di separazione concepito da Herzl fu ignorato per molti degli anni di occupazione da parte di Israele. La forza lavoro Palestinese fu sfruttata da Israele esattamente come i lavoratori neri lo furono nel Sud Africa. Questa condizione dei Palestinesi fu ufficializzata negli accordi di Oslo, che si basavano su quel tipo di separazione necessaria per creare una forza lavoro di prigionieri.

Comunque, sia la versione di apartheid di Yitzhak Rabin che prese corpo negli accordi di Oslo, sia l'opposizione di Benyamin Netanyahu a sostenere la visione di Jabotinsky circa una Israele Più Ampia, deviarono entrambi dal modello di trasferimento per separazione concepito  da Herzl. Questo è anche fondamentalmente il motivo per il quale entrambi le correnti politiche sono poi state assorbite all'interno della tendenza, attuale e più potente, verso la "separazione unilaterale."

Non deve sorprendere che la politica di "separazione unilaterale" sia emersa dal Sionismo Laburista, e sia sostenuta soprattutto da Ehud Barak. E comunque, fu subito adottata anche da molti membri della Likud e da ultimo, il suo successo derivò dalla conversione a tale causa del Più-Grande-Arci-Esponente-di-Israele : Ariel Sharon. Egli realizzò gli aspetti basilari della separazione unilaterale : il muro della Sponda Ovest e la separazione di Gaza, così come lo spezzare l'ala-destra politica di Israele per creare un nuovo partito del consenso, Kadima.

Nel nuovo consenso, il trasferimento dei Palestinesi può essere ottenuto con la separazione imposta ed assoluta - proprio come un tempo si augurò Herzl. Dopo l'ingabbiamento di Gaza, il passo successivo fu promosso dal successore di Sharon, Ehud Olmert. Il suo piano di convergenza, di ritirate limitate  dalla Sponda Ovest nella quale rimarrebbero la maggior parte dei coloni, è caduto, ma la sua infrastruttura - il muro della separazione - continua ad essere costruito.

Come potrà, il moderno sionismo, trasformare la separazione unilaterale in trasferimento ? Come si potrà realizzare nel mondo di oggi la originaria visione di Herzl di una pulizia etnica realizzata forzatamente per tramite di una separazione etnica ?

L'attuale assedio di Gaza ne costituisce il paradigma. Dopo la separazione, Israele è stata in grado di bloccare a proprio piacimento l'accesso a Gaza di aiuti, cibo, carburanti e servizi umanitari. La normalità è stata poi ulteriormente erosa dai caccia che superano il muro del suono, dagli attacchi aerei israeliani, dalle ripetute invasioni di piccola portata che hanno inflitto un gran numero di perdite-non-volute, soprattutto fra i civili.

L'imprigionamento di Gaza ha così cessato di essere una metafora per diventare una realtà quotidiana. In effetti, la condizione di Gaza è molto peggiore di quella di un carcere : i carcerati, anche di guerra, si aspettano che saranno rispettati i loro diritti civili, che saranno appropriatamente protetti, curati, nutriti e vestiti.  Gli abitanti di Gaza non possono più basarsi su tali aspetti fondamentali della vita.

L'obiettivo finale di questa forma estrema di separazione è palesemente evidente : la deportazione. Togliendo ai Palestinesi degli elementi basilari per una condizione di vita normale, si presume che finiranno per scegliere di andarsene - una cosa che ancora una volta potrebbe essere spacciata all'opinione pubblica mondiale per un esodo volontario. E se i Palestinesi scelgono di abbandonare le loro terre natie, allora nelle menti dei sionisti ci sarà il pensiero che abbiano rinunciato ai loro diritti su tale terra - proprio come le prime generazioni di sionisti ritennero avessero fatto i rifugiati Palestinesi che si riteneva fossero fuggiti durante le guerre del 1948 e 1967.

E' inevitabile questa deportazione ? Penso di no. Il successo di una moderna politica di "deportazione per separazione" deve fare i conti con serie limitazioni.

Primo, dipende dal perdurare dell'egemonia mondiale degli USA e dal loro cieco sostegno per Israele. Tale sostegno è plausibile sia minato dagli attuali insuccessi nel Medio-oriente, e da un graduale spostamento della bilancia delle forze a favore di Cina, Russia ed India.

Secondo,  richiede una visione sionista del mondo che si stacchi completamente non solo dalle leggi del diritto internazionale, ma anche dai valori sostenuti dalla maggior parte delle società ed ideologie. La natura delle ambizioni del sionismo è tale che è sempre più difficile nasconderla, come è evidente nella marea di opinioni nei sondaggi che mostrano come l'opinione pubblica occidentale, se non i loro governi, ritenga Israele una delle maggiori minacce all'ordine mondiale.

E terzo, la "deportazione per separazione" presuppone che i Palestinesi rimangano passivi durante il loro lento e forzoso sradicamento. La storia ci presenta prove che quasi certamente dimostrano che non lo rimarranno.

Jonathan Cook

Tradotto per EFFEDIEFFE.com da Massimo Frulla

Source >
  Antiwar.com


Home  >  Worldwide                                                                                          Back to top

 

Libreria Ritorno al Reale

EFFEDIEFFESHOP.com
La libreria on-line di EFFEDIEFFE: una selezione di oltre 1300 testi, molti introvabili, in linea con lo spirito editoriale che ci contraddistingue.

Servizi online EFFEDIEFFE.com

Archivio EFFEDIEFFE : Cerca nell'archivio
EFFEDIEFFE tutti i nostri articoli dal
2004 in poi.

Lettere alla redazione : Scrivi a
EFFEDIEFFE.com

Iscriviti alla Newsletter : Resta
aggiornato con gli eventi e le novita'
editorali EFFEDIEFFE

Chi Siamo : Per conoscere la nostra missione, la fede e gli ideali che animano il nostro lavoro.



Redazione : Conoscete tutti i collaboratori EFFEDIEFFE.com

Contatta EFFEDIEFFE : Come
raggiungerci e come contattarci
per telefono e email.

RSS : Rimani aggiornato con i nostri Web feeds

effedieffe Il sito www.effedieffe.com.non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare e contraddistinto da una testata", come richiede la legge numero 62 del 7 marzo 2001. Gli aggiornamenti vengono effettuati senza alcuna scadenza fissa e/o periodicità