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Il sindacato? Lo porto in Cina
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Il patron della Aermec, Alessandro Riello, ha invitato a Zuai i delegati della sua azienda. Per studiare la concorrenza orientale. E decidere che cosa imitare

Metti due sindacalisti italiani in una fabbrica cinese. Ti aspetti che ne escano inorriditi. E invece no. Sono entusiasti, raccontano di quanto siano efficienti e flessibili i loro sistemi di produzione, di come il prodotto corra veloce sulle linee, di quanto siano giovani i dipendenti. E sognano di applicare anche da noi lo stesso modello. Fantascienza? Per nulla.

È infatti esattamente ciò che è accaduto alla Aermec di Bevilacqua (Verona), storica fabbrica di condizionatori, 650 dipendenti, di cui è proprietario e vicepresidente Alessandro Riello, già leader dei giovani di Confindustria negli anni Novanta. È a lui che si deve l'idea di organizzare un viaggio di istruzione in Cina per i delegati sindacali: partenza da Verona il venerdì sera, scalo a Francoforte e Hong Kong, poi in aliscafo a Zuai.

Tre giorni di fui l immersion in ima fabbrica da 16 mila dipendenti. E il martedì sera nuovamente in viaggio verso casa. Al ritorno, da parte dei sindacalisti, ammirazione incondizionata per i cinesi: «Macchine da guerra. Concreti. Efficienti. Noi italiani, al confronto, siamo dei grairparolai», dicono Paolo Ferro e Maurizio Laera, i due esploratori. Entrambi sono delegati da tempo: in fabbrica dal 1988 e al terzo mandato per la Fiora Ferro, 24 anni di anzianità aziendale e 14 da delegato per il fimmino Laera. L'idea del viaggio in Cina, raccontano, era stata accolta inizialmente con perplessità.

Ma Riello non è un padrone delle ferriere: i dipendenti lo chiamano familiarmente '"il signor Sandro", e nel dicembre scorso, in pieno scontro per il contratto dei metalmeccanici, ha firmato senza problemi l'integrativo. Dunque, nulla di paternalistico, né tanto meno una sfida, nell'invito che ha rivolto ai suoi sindacalisti: «Che ne direste se vi portassi a fare un giro in Cina, così vedete con i vostri occhi con chi ci tocca competere?».

Quella che Ferro e Laera hanno visto non è la Cina dei sottoscala ma, raccontano, una grande fabbrica di livello europeo, dove l'età media dei dipendenti è tra i 18 e i 20 anni, quella dei 1.200 ingegneri impegnati a tempo pieno nel centro ricerche tra i 24 e i 28, l'organizzazione del lavoro ferrea ma efficientissima.

«Pensavamo alla Cina dei mercatini e abbiamo trovato una azienda leader mondiale nei condizionatori, con una produzione di altissima qualità», racconta Ferro. Che aggiunge: «I diritti non sono gli stessi nostri, ovviamente: in fabbrica non ci sono sindacalisti, ma un volantino con quattordici regole da rispettare e chi trasgredisce è licenziato. Da noi sarebbe impensabile. Ma certo dobbiamo imparare a essere all'altezza, più competitivi. Che non vuol dire abbassare la soglia dei diritti, ma investire in ricerca, migliorare i nostri sistemi di produzione, renderli più efficienti, ottimizzare i cicli produttivi, ridurre gii sprechi. Credo che una esperienza di questo tipo farebbe bene a tutti i sindacati italiani.

Già, perché si fa presto a dire spregiativamente modello cinese: in realtà, è un modello di efficienza. E flessibilità di produzione. Le nostre linee hanno 1015 postazioni in ogni fase della lavorazione? Loro ne hanno anche 70. Il prodotto viaggia molto più velocemente; non ci sono tempi morti. Da noi capita di perdere tempo a cercare un pezzo che un altro non ha ancora finito...». Dunque, un sistema esportabile anche in Italia?

«Certo, occorre un cambio di mentalità anche da noi. Si può rubare ai cinesi il loro metodo, senza intaccare i nostri diritti». Ma che ne pensano gli altri dipendenti della Aermec? Ferro e Laera ammettono che quando sono rientrati a Verona molti erano preoccupati: temevano novità in fabbrica. «Ma non sarà così. Stiamo pensando di organizzare un'assemblea, per raccontare cosa abbiamo visto».

Intanto, proprio in questi giorni alla Aermec si sta avviando uno studio per migliorare la produzione, guidato da una società di consulenza. Anche Ferro è nel gruppo di lavoro. E giura che farà tesoro dell'esperienza cinese.


Nunzia Penelope

Fonte >
  L'Espresso


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