Il petrolio sta veramente finendo?
Astronomia.com
16 Luglio 2011
Uno studio svolto presso il prestigioso Lawrence Livermore National Laboratory (LLNL) in California, ha dimostrato che idrocarburi complessi formati da “alcani” (aventi la formula del tipo CnH(2n+2)) possono teoricamente formarsi a partire dal metano nelle profondità della Terra, dove la pressione e la temperatura raggiungono valori sufficientemente alti.
L’interesse particolare di questa ricerca sta nel fatto che le miscele complesse di “alcani” sono nient’altro che il petrolio, delizia e terrore dell’era moderna. Si pensa sempre che esso si debba originare solo e soltanto dal riscaldamento e dalla compressione dei resti di antichi animali nel corso di milioni d’anni (processo biogenico). Tuttavia, sappiamo benissimo che il più semplice degli idrocarburi alcani (il metano, appunto) esiste ed è abbondante in altri corpi del Sistema Solare, come Titano, dove quasi sicuramente non è mai esistita una vita biologica in grado di produrlo.
Ne segue la possibilità, non troppo azzardata, che si sia potuto creare del petrolio senza bisogno di resti animali, ma solo attraverso un processo abiogenico (da sostanze inorganiche) in condizioni di alta temperatura e pressione. Nel laboratorio americano si sono usati supercomputer per simulare ciò che potrebbe accadere agli atomi di carbonio e di idrogeno se sottoposti a temperature superiori ai 1500 °C e a pressioni superiori di 50000 volte quella presente in superficie.
Un’immagine che rappresenta un momento della simulazione effettuata con i supercomputer del LLNL e che mostra la prima fusione di molecole di metano.
Questa situazione può realizzarsi a una profondità di circa 110-120 km. In quelle condizioni le molecole di metano si fondono per produrre idrocarburi molto complessi. La presenza di metalli agirebbe come catalizzatore sveltendo il processo.
Oggi utilizziamo solo il petrolio di origine biogenica che si trova tra i 7 e i 16 km di profondità, anche se in passato qualcuno aveva già suggerito l’idea di petrolio di origine abiogenica. Gli studiosi del Livermore Laboratory non possono certo prevedere dove si trovino questi possibili giacimenti, anche se ipotizzano che alcuni di essi potrebbero essersi spostati verso la superficie. Sicuramente le zone più probabili sarebbero quelle di subduzione, dove una placca continentale scorre sopra o sotto un’altra, così come nei “rift”, dove le placche si allontanano tra loro.
Siamo sicuri che l’epoca dell’oro nero sia veramente al termine? I “verdi” non me ne vogliano, ma sono quasi sicuro che dopo questo studio qualcuno comincerà a … cercare.
Fonte > Astronomia.com