Il Boom del Brasile
Vincenzo Caccioppoli
08 Ottobre 2008
E’ interessante in questa difficilissima crisi finanziaria analizzare il comportamento delle economie del cosiddetto Brics, acronimo che rappresenta le iniziali di Brasile, Russia, India e Cina, o meglio conosciuti come paesi emergenti, i cui tassi di crescita da alcuni anni ormai rappresentano per molte aziende del vecchio continente e Usa una vera e propria manna dal cielo. Ebbene malgrado una sostanziale tenuta dei tassi di crescita è indubbio che si sta verificando un deterioramento anche in questi paesi, basti pensare al crollo della borsa di Shangai o alle minacce della Russia agli Stati Uniti, accusati di voler strozzare con la politica del dollaro forte proprio la crescita dei paesi emergenti.
Ma in un quadro deteriorato in molte sue componenti, si segnala come vera e propria outsider la performance di quella da sempre considerata come una sorta di “ brutto anatroccolo”dei quattro, considerando i tassi di crescita a due cifre degli altri tre e cioè il Brasile, malgrado la sua Borsa stia pagando anch’essa ovviamente la difficilissima situazione dei mercati finanziari. Il grande paese sudamericano, malgrado contenga al suo interno ancora tutte quelle fortissime contraddizioni che ne hanno da sempre impedito uno sviluppo lungo e duraturo, dopo due anni di cura da cavallo da parte del suo presidente al secondo mandato, l’ex sindacalista Lula, sembra uno dei paesi che esce meglio da questa difficilissima crisi scatenata dai mutui subprime americani. Nel solo 2007, infatti, il Brasile ha visto arrivare investimenti stranieri diretti per la cifra di 34,6 miliardi, secondo quanto riportato dal Finacial Times.
Secondo i dati del UNCTAD (Congresso delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo) gli investimenti diretti hanno addirittura superato del doppio quelli rivolti verso l’India e hanno portato il Brasile al secondo posto della classifica mondiale. E malgrado la sua crescita sia ancora decisamente più lenta di India e Cina, la crescita annuale del Pil è ormai da tre anni stabilmente intorno al 5 %, a circa 960 miliardi di $, anche se la recente crisi abbia costretto gli analisti ad abbassare le stime per il 2008 al 4,4%. Ma crescita reale di guadagni di reddito facilitazione del credito, l’espansione di una nuova classe media la cui domanda di consumi aumenta costantemente (+10% nel 2007), l’autosufficienza energetica e lo sviluppo tecnologico ne fanno un paese su cui scommettere con una certa tranquillità, nonostante il rischio di bolla speculativa dovuta al troppo entusiasmo per le economie dei paesi emergenti.
Molte aziende anche italiane da tempo hanno guardato al Brasile come paese dalle interessantissime prospettive, e non è un caso se i bilanci di due big, come Telecom Italia e Fiat, dipendono in maniera sempre più rilevante dalle performance che ottengono nello sterminato paese dell’America latina, sono Fiat quattro dei dieci modelli più venduti in Brasile e la filiale della Tim brasiliana è il secondo operatore del paese e fa gola a quasi tutti i giganti del settore, per i suoi interessantissimi flussi di cassa .La Borsa brasiliana, il Bovespa, recentemente secondo il MSCI (Morgan Stanley Country Index) ha superato, con i suoi oltre 500 miliardi di $,come capitalizzazione di mercato la Cina.
Il prestigioso Financial Times con un lungo reportage ha citato recentemente il paese brasiliano come uno dei più attraenti per i capitali esteri e la bibbia della finanza americana, il Wall Street Journal lo ha definito come “il centro finanziario dell’America latina”. Secondo Geoffrey Dennios, analista di Citibank, “il Brasile è ora il maggior mercato emergente azionario e decimo del mondo”. Nel 2008 la Borsa brasiliana è quella che ha maggiormente guadagnato delle 20 principali piazze finanziarie mondiali. Secondo la classifica sulla competitività, stilata dall'International Institute for Management Development (Imd) di Losanna, il Brasile è al 43° posto avanti di tre posizioni all’Italia.
Altro piccolo record è quello secondo cui il Brasile sarebbe il secondo paese al mondo, dopo la Cina, dove il numero dei milionari cresce maggiormente, negli ultimi tre anni circa 30.000 persone sono entrate nel” prestigioso club”, arrivato a lambire la soglia delle 200 mila unità, che tutti insieme arrivano alla cifra considerevole di 675 miliardi di $ di patrimonio. E anche sui principali indicatori macroeconomici il paese da segnali incoraggianti, l’inflazione è infatti al 4% annuale e, soprattutto, sotto controllo, il real, la valuta locale, si è valorizzata nei confronti dell’euro di oltre il 50% negli ultimi 5 anni e del 111% verso il dollaro Usa nello stesso periodo e molti cominciano a credere che si sia apprezzata anche troppo. E anche la situazione del debito estero è incredibilmente migliorata, pensando che il gigante sudamericano ha infatti nei suoi forzieri riserve in valuta straniera pari a 190 miliardi di dollari, mentre il totale dei debiti verso l’estero, per il settore privato e per quello pubblico, ammonta a 183 miliardi di dollari. Insomma sembra assistere ad un vero e proprio boom.
Ma non è certo tutto oro quello che luccica, come dicevamo prima, il Brasile è anche un paese dalle mille contraddizioni dove ancora circa 36 milioni di persone vivono con meno di 2$ al giorno, e la percentuale di quelle che sono al di sotto della soglia della povertà è attestata al 19%, la disoccupazione è ancora molto elevata a quasi il 9%, e lo 0,2% della popolazione è proprietario di quasi il 50% della ricchezza del paese. Le possibilità che la crisi finanziaria ed economica possa peggiorare il quadro sono chiaramente molte alte, ma di certo le grandi risorse di base (Il Brasile è attualmente solo al 17° posto tra i paesi con riserve di petrolio ma una recente scoperta di un nuovo giacimento fatta da Petrobas lo porterebbe all’ottavo) e la possibilità di sviluppo delle fonti energetiche alternative rappresentano un buona difesa contro i rialzi fuori controllo delle materie prime.
Ecco perché comunque il paese continua da attrarre gli investitori diventando ormai come il paese emergente più attraente soprattutto per quanto riguarda alcuni specifici settori, primo fra tutti quello immobiliare. Il Brasile sta vivendo un momento d’oro per quanto riguarda mercato immobiliare e le previsioni per i prossimi anni sono molto rosee anche grazie al progressivo miglioramento della maggiore economia sudamericana che sta attraendo ingenti flussi di capitali esteri. In particolare il Nordest sta vivendo la maggiore espansione immobiliare nel paese dovuta anche al suo enorme potenziale turistico. Ma non c’è solo l’investimento in immobili ad uso abitativo come investimento produttivo, anche le terre coltivabili sembrano un ottimo investimento, soprattutto alla luce dei prezzi di alcune commodities alimentari.
Il Brasile è il maggiore paese del mondo con area coltivabile: possiede il 22% delle terre coltivabili del mondo e solo il 17% sono sfruttate. E’ il primo produttore mondiale di caffè, zucchero di canna, frutta e succo d'arancia; e il secondo di soia, carne bovina, pollame e granoturco. La produttività del suolo è elevata (si arriva a tre raccolti di arance e a due di uva per anno!) e ciò grazie alle ore di luce e al clima favorevole. Senza contare come detto le ricchissime risorse del sottosuolo: Il Brasile occupa il 2° posto nel mondo per i giacimenti di stagno primario; il 30° per i minerali di ferro; il 60° per bauxite e il 7° per il nichel.
Sotto questo punto di vista bisogna però sottostare a delle limitazioni piuttosto stringenti in tema di proprietà disciplinata dalla legge 4.131 del 3.09.62 (conosciuta come “Lei de Capitais estrangeiros”). Molto più facile invece è la burocrazia per costituire una azienda mentre per quanto riguarda la tassazione permangono ancora delle ombre, anche se lo Stato sta cercando di semplificare il quadro legislativo in questo senso (eliminando per esempio alcune doppie imposizioni proprio per gli investitori esteri). Resta da vedere se questa crisi finanziaria, che già sta intaccando il livello del debito e la fiducia dei consumatori e dei risparmiatori, in che modo avrà effetti su questo sviluppo che sembrava portare il grande paese latino ad essere fra breve una delle principali economie mondiali emergenti al pari di Cina ed India.
Vincenzo Caccioppoli