Gli USA predicano ciò che non praticano
Inter Press Service
11 Giugno 2008
WASHINGTON: Washington – Gli USA hanno promosso per anni i loro interessi all’estero per far aprire le economie dei paesi in via di sviluppo attraverso fondi pubblici e gruppi di influenza (lobby), ma quando fondi sovrani controllati da governi stranieri acquistano o investono in proprietà USA, Washington si agita per cambiare le regole del gioco.
I fondi sovrani sono essenzialmente i fondi che i governi investono per ottenerne profitti.
I fondi dei produttori di petrolio, spinti in alto dai prezzi elevati del greggio, costituiscono circa i due terzi della liquidità globale dei fondi sovrani.
Proprio mentre tutti questi ultimi stanno cominciando ad acquistare quote azionarie in aziende USA, Washington si sta muovendo lesta a contenerne l’influenza, provocando la reazione di alcuni analisti che denunciano questo come una manifestazione del “doppio standard” degli USA ed i suoi alleati nell’ambito delle istitutuzioni finanziarie internazionali.
“Gli USA [stessi] sono in affari nell’ambito della gestione della ricchezza dei fondi sovrani, di conseguenza, noi dobbiamo stare attenti a ciò che desideriamo”Edwin M Truman, un membro senior del Peterson Institute for International Economics, ha detto all’audizione del Congresso sui Fondi Sovrani la settimana scorsa.
Dopo tutto gli USA ed il governo federale sono proprietari o controllano più di 3 trilioni di dollari in beni finanziari, o il 20% dei 15 trilioni investiti dal governo (americano) nel mondo. Questo è vicino alla stima di 3,3 trilioni di dollari che i fondi sovrani controllavano nel 2007.
Gli USA hanno a lungo propugnato la rimozione delle barriere agli investimenti ed al commercio negli altri paesi attraverso programmi estesi etichettati eufemisticamente come aiuti, e gestiti dal
Dipartimento di Stato USA per lo sviluppo ed i suoi delegati nella Banca Mondiale , Il Fondo Monetario Internazionale ed altre istituzioni finanziarie internazionali.
Molte di queste istituzioni sono notoriamente attiviste dello sviluppo volto ad implementare “riforme” economiche che erodono il controllo locale sulle decisioni economiche ed addirittura politiche.
Eppure quando i ricchi Fondi Sovrani [SWF nel seguito per brevità] cercarono di acquisire importanti beni USA, come quando l’emirato di Abu Dhabi acquistò una quota di 7,5 miliardi di dollari di Citicorp, Washington ebbe un momento rivelatore.
Gli investimenti degli SWF nelle aziende private USA, fondi azionari e proprietà immobiliari, tra gli altri, furono sottoposti ad investigazioni senza precedenti. A questo seguì una serie di audizioni del Congresso su come proteggere la sicurezza nazionale degli USA.
Il capo del gabinetto del House of Foreign Affairs , Howard L Berman, in un’audizione la settimana scorsa, ha detto che gli investimenti dei fondi dei paesi mediorientali “suscitano domande sul potere che questi fondi enormi potrebbero avere sugl interessi di sicurezza nazionale USA”.
Berman ha aggiunto che questi fondi sono controllati da governi che sono “a volte non amichevoli ed altre volte non degni di fiducia”.
Il Congresso ha anche ascoltato Alan Tonelson, un ricercatore presso il US Business and Industry Council, che ha assimilato gli SWF alla minaccia posta da Al-Quaeda e suggerisce che gli sceicchi nei regni petroliferi del Golfo Persico non possano mai essere alleati affidabili.
Gli SWF sono stati a lungo attentamente esaminati dal Comitato sull’Investimento Estero negli USA, l’ente governativo che controlla le implicazioni sulla sicurezza nazionale delle acquisizioni estere di proprietà USA.
Preoccupato dal fatto che alcuni SWF abbiano spostato i loro investimenti dai buoni del tesoro a quote azionarie in compagnie USA, il Congresso ha preparato la “Sovereign Wealth Funds Task Force”, un gruppo bipartisan volto ad investigare i crescenti investimenti degli SWF.
Il mese scorso, una delegazione di alto livello del congresso, guidata dal rappresentante degli USA Luis V Gutierrez, che è capo del comitato delle Politiche Monetarie Domestiche ed Internazionali, intraprese un viaggio in medioriente per ribadire agli investitori che solo i loro soldi sono benvenuti e nulla altro.
Altri membri del Congresso dovevano relazionare a proposito della questione, in questa settimana.
In febbraio, il sottosegretario degli Affari Internazionali, David H McCormick riferì al Congresso che gli SWF stavano issando una bandiera rossa sulla Casa Bianca, e disse:”l’attenzione agli SWF è inevitabile dato che la loro crescita ha chiaramente implicazioni sul sistema finanziario internazionale”
Clay Lowery, assistente al segretario del Tesoro USA ha addirittura suggerito che gli SWF abbiano solo due opzioni negli USA: di scegliere volontariamente di non essere rappresentati secondo le loro quote nelle aziende USA, oppure di non rivelare il loro voto. Idee ancora più aggressive si sono fatte avanti: richiedere agli SWF acquisire quote che non diano potere decisionale e la proibizione di votare secondo le loro quote, per assicurare la natura passiva dell’investimento.
In Marzo, due dei massimi funzionari USA si occuparono del caso. Dopo aver dato loro lezioni sui benefici della trasparenza sul fare affari negli USA, il segretario del Tesoro USA, Henry M Paulson ed il sostituto al segretario, Robert M Kimmit, estorsero alcune concessioni da due dei più grandi fondi – uno controllato da Singapore e l’altro dagli Emirati Arabi Uniti. I due SWF si sono impegnati ad una maggiore trasparenza ed a non fare investimenti dettati da una agenda politica nascosta.
Il Tesoro USA ha disposto più munizioni nel suo arsenale ed ha incoraggiato il Fondo Monetario Internazionale e l’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo fin da Ottobre ad approntare delle procedure consigliate (best practices) per i Fondi Sovrani, il che dovrebbe garantire un maggior controllo agli USA e le nazioni ricche sugli SWF.
Ma tutte queste misure “protezionistiche” potrebbero aver non intenzionalmente evidenziato i doppi standard dei padroni del sistema finanziario internazionale.
Le Corporations, sostenute e promosse da Washington e dalle istituzioni internazionali, acquistano frequentemente e controllano settori sensibili nelle nazioni in via di sviluppo come le telecomunicazioni, l’energia, i media, e la finanza.
Mentre Washington dice che gli SWF potrebbero distorcere i mercati, di fatto la maggior parte degli investitori stranieri hanno il potenziale di fare molti più danni nelle nazioni in via di sviluppo, viste le dimensioni dei loro portafogli, senza grandi rimproveri da Washington.
Inoltre, per quanto gli SWF si espandano, non rimarranno che una minuscola frazione del portafoglio di 190 trilioni di dollari di beni internazionali che sono per lo più nelle mani delle istituzioni Occidentali ed USA, oppure dei 62 trilioni gestiti dagli investitori istituzionali privati.
Questo è forse il motivo per cui il dibattito corrente negli USA a proposito degli SWF, che verte su una maggiore sovranità dei paesi in via di sviluppo sulle loro economie, ha dovuto aspettare così tanti anni per assumere rilevanza.
Emad Makay
Tradotto per EFFEDIEFFE.com da Michelangelo Calatino
Fonte > Inter Press Service (6 giugno)