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Gli ebrei libici all’Italia: «Anche noi come Gheddafi vogliamo essere risarciti»
Il Messaggero
26 Dicembre 2010
Il titolo – “Fanno i conti con Gheddafi” - è forviante. Il testo dell’articolo sul quotidiano israeliano Ye-diot Aharonot è pieno di inesattezze, ma fatto è che gli ebrei di Libia vogliono chiedere all’Italia risarcimenti per i danni subiti nel periodo in cui Mussolini li ha tormentati. Prima le leggi razziali, poi i campi di lavoro forzato, le deportazioni verso la Germania e i campi di concentramento in Libia dove circa 600,ebrei sono morti di stenti e maltrattamenti. Gli avvocati americani e italiani incaricati dai rappresentanti delIa comunità libica d’Israele sarebbero riusciti a ottenere l’assistenza di un ex ministro degli Esteri italiano, dell’ambasciata italiana di Tel Aviv e di “parlamentari ebrei italiani del partito di Berlusconi”. Dopo anni di silenzio, si sono mossi sulla scia dell’accordo firmato dal leader libico e dal premier italiano. «Gli ebrei hanno sofferto più dei musulmani sotto il giogo italiano, e abbiamo diritto a essere risarciti», sostiene il vice ministro delle finanze israeliano, Itzhak Cohen. La storia ci dice che il paragone è ingiusto, ma gli ebrei vorrebbero una fetta dei miliardi (per l’esattezza, la richiesta è di 400 milioni di euro) promessi dall’Italia alla Libia come risarcimento per gli anni del colonialismo - dal 1911 al 1943 - in cui, tra l’altro, centinaia di migliaia di arabi libici sono morti nella repressione spietata dalla popolazione civile e nei campi di concentramento allestiti in Cirenaica dal maresciallo Oraziani. All’epoca, gli ebrei di Libia erano circa trentamila. La maggioranza viveva in Tripolitania. Poche migliaia a Bengasi. Costituivano l’asse portante dell’economia coloniale. Il quadro è cambiato radicalmente quando Mussolini introdusse le leggi razziali. L’allora governatore, Italo Balbo, aveva molti amici tra gli ebrei e li considerava un elemento fondamentale per la stabilità della colonia, ma fu costretto a seguire le disposizioni arrivate da Roma. La situazione peggiorò durante la guerra in Nord Africa quando Mussolini ordinò il trasferimento fuori dalla colonia degli ebrei non libici. Molti, soprattutto tra i bengasini, finirono in Germania. Altri, sempre da Bengasi, furono internati nel campo di Giado, sulla montagna a Sud di Tripoli. Gheddafi, ovviamente, in questo storia non c’entra. Ma Meir Cahalon, presidente di una delle associazioni di ebrei libici, vorrebbe coinvolgerlo. Chiede all’Italia di deviare ai sopravvissuti della comunità ebraica di Libia parte del risarcimento offerto da Roma a Tripoli. Fonti italiane citate dal quotidiano israeliano sostengono che Roma è d’accordo. E sperano che Gheddafi - che non intrattiene rapporti con Israele - sia disposto a favorirli. Il leader libico è al potere dal 1969. Negli anni del Regno successivi alla guerra, la maggior parte degli ebrei libici lasciò il Paese, in maggioranza per raggiungere il nuovo Stato d’Israele. Gheddafi non è responsabile del loro esodo dal Paese nordafricano, ma fu lui a sequestrare i beni degli ebrei così come fece con quelli degli italiani considerati parte del passato coloniale da cancellare. Fonte > Il Messaggero
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