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El Baradei, l'uomo del destino: "Oggi nasce un paese nuovo"
Repubblica
01 Febbraio 2011
Il leader dell'opposizione circondato dai sostenitori: "Ci porterà fuori da questo pantano", dicono. E lui: "I Fratelli sono un gruppo islamico conservatore ma non hanno niente a che vedere con l'estremismo. Quello che avete cominciato non si deve fermare
IL CAIRO - Sembrava quasi imbarazzato l'altra sera quando finalmente ha fatto il suo ingresso in Piazza Tahrir, ha preso il megafono in mano mentre centinaia di manifestanti si accalcavano per ascoltare finalmente le sue parole, la sua voce. E Mohammed El Baradei non li ha delusi. "Siamo qui per farla finita con questo regime", ha detto subito il Premio Nobel per la Pace rompendo ogni indugio. Sembra lui l'uomo del "destino" per l'Egitto, sostenuto ormai da una coalizione che va dagli oppositori laici ai Fratelli Musulmani, passando per la nebulosa del popolo di Internet. Ma a dispetto del suo "nuovo ruolo" l'ex direttore dell'Aiea non si trova a suo agio con la stampa o la tv. Anzi distilla i suoi incontri con i giornalisti. Ieri, una giornata storica nella Terra dei Faroni, ha trascorso gran parte del tempo nella sua casa nella periferia residenziale del Cairo, discretamente guardata a vista da uno stretto circolo di sostenitori. Ha cercato di cucire insieme le anime di questo movimento, ha mandato segnali dentro l'Egitto e all'estero, perché non ha alle spalle un vero partito e questo è insieme la sua forza e la sua debolezza. "Sulle tv americane non smettono di dire che se Mubarak lascia il potere saranno i Fratelli Musulmani a prendere il potere, ma non è così il popolo si è unito per chiedere i suoi diritti, e lui ci potrà portare fuori da questo pantano", dice uno dei suoi collaboratori che preferisce essere chiamato solo per nome, Tamer.
Ma è indubbio che dietro le mura di quel palazzetto borghese si stanno tessendo le trame per l'Egitto del futuro. "Quello che avete cominciato non si deve fermare", manda a dire al variegato mondo dei suoi sostenitori e certo loro non hanno bisogno di farselo dire. Per la prima volta ci sono anche i religiosi di "Al Azhar", centro sunnita prestigioso e soprattutto un tempo molto vicino al governo. Un segnale seguito anche da una parte della redazione di Al Ahram, quotidiano filo-governativo, che si è schierata con lui, come hanno fatto decine di giudici del Tribunale della capitale che sono scesi in piazza con i manifestanti.
E' stata una lunga notte per Mohamed El Baradei quella fra sabato e domenica, conferma suo fratello Ali, è stata la notte in cui ha ricevuto il mandato da tutta la galassia degli oppositori a Mubarak il mandato di formare un governo di salute pubblica per una transizione democratica. Non lo imbarazza il sostegno dei Fratelli Musulmani, dopo che la confraternita ha deciso di aderire apertamente alle manifestazioni di piazza. "I Fratelli sono un gruppo islamico conservatore, ma non hanno niente a che vedere con l'estremismo", dice oggi El Baradei nel tentativo di rassicurare sul ruolo del movimento islamico, illegale ma tollerato in Egitto. E loro di rimando, per voce di uno dei leader Essam el Erian, annunciano che è "l'uomo giusto per trattare con il regime l'uscita di scena per Hosni Mubarak".
Certo lo spettro del caos in un Paese di ottanta milioni di persone, strategico per collocazione geografica e per ruolo nella regione, ha fatto dire al segretario di Stato Hillary Clinton che gli Usa vorrebbero vedere "una transizione ordinata in modo tale che nessuna riempia un vuoto" e vede ora in El Baradei una figura rassicurante. Strano destino quello di questo avvocato prestato alla diplomazia internazionale. Quando nel 1997 sostituì Hans Blix come direttore generale dell'Aiea, furono gli Stati Uniti a sostenere la sua candidatura mentre il governo egiziano allora lo ignorò completamente. Il suo background sembrava avere un mix ideale di educazione occidentale e la familiarità con il Terzo Mondo e nel 2001 ottenne un secondo mandato. Prima dell'invasione americana dell'Iraq nel 2003 mise in dubbio, scontrandosi frontalmente con l'Amministrazione Bush, il fatto che Saddam potesse avere un programma nucleare segreto come sosteneva Washington per giustificare l'attacco all'Iraq. E forse per questo, per aver resistito a quella truffa messa in piedi all'Onu dagli Usa, nel 2005 gli venne dato il premio Nobel Per la Pace.
Quando l'anno scorso alla fine del suo mandato rientrò in Egitto ebbe un'accoglienza quasi trionfale da centinaia di simpatizzanti all'aeroporto del Cairo. Cercò subito di riunire l'opposizione attorno a un progetto di riforme democratiche e a una revisione della Costituzione. Quest'uomo austero e certamente non un brillante - ma reputato onesto e certamente per nulla legato alle mafie del potere egiziano - suscitò subito grande simpatia fra i giovani e nelle classi medie egiziane. Il regime di Mubarak sentì il pericolo che rappresentava e partì una violenta campagna sulla stampa governativa che lo descriveva come un "estraneo", un "agente di potenze straniere". Le foto della figlia Laila in costume da bagno, e quelle del suo matrimonio dove al banchetto si brindò con del vino, finirono sui giornali egiziani nel tentativo di screditarlo agli occhi della società egiziana più conservatrice. Certo anche i lunghi e frequenti soggiorni all'estero - dove vivono entrambi i figli - e una certa difficoltà a far mantenere la disciplina fra i suoi sostenitori gli sono valse delle critiche anche nel suo entourage. "Questa è una situazione completamente diversa", taglia corto adesso il fratello Ali. Sì è una situazione completamente diversa. Oggi Mohammed El Baradei sarà nella testa e nel cuore di milioni di egiziani che in tutto il Paese marceranno per farla finita con Mubarak e le loro speranze di cambiamento non possono essere deluse.
Fonte > Repubblica.it
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