L’augurio è che il presente articolo, poche ore dopo aver visto la luce, si riveli sbagliato. Sarebbe infatti un sollievo constatare, alla riapertura della Borsa (delle Borse), stamane, che l’Italia è uscita indenne dalla tempesta cominciata venerdì a causa del «caso Tremonti», di cui Il Giornale si è occupato in profondità. Ma il timore è che, invece, la situazione si aggravi ulteriormente, dato che sabato il Paese è stato investito da altre turbolenze.
Ci riferiamo al mostruoso risarcimento che Silvio Berlusconi dovrà liquidare a Carlo De Benedettiper effetto di una sentenza emessa dal tribunale civile, relativa a un vecchio contenzioso riguardante la Mondadori. Una somma enorme (560 milioni di euro) che minaccia la salute della casa editrice, non solo le tasche del premier. L’azienda, tra l’altro, è quotata in Borsa e i suoi titoli rischiano di subire una botta fortemente lesiva per gli azionisti. Senza contare che un ribasso Mondadori (quasi certo), avvenendo in un momento di difficoltà del mercato, potrebbe provocare un crollo del nostro sistema e, quindi, incoraggiare gli speculatori ad attaccare i BOT.
Sarebbe un guaio serio perché, come ognuno sa, il gigantesco debito pubblico nazionale è finanziato dai titoli di Stato sottoscritti non soltanto dai cittadini italiani, ma anche, e specialmente, da banche straniere.
Non vogliamo annoiarvi, comunque, con queste faccende tecniche. Ci limitiamo a sottolineare i pericoli cui andiamo incontro impreparati a difenderci, perché da anni, ogni giorno, ci impegniamo nell’autosputtanamento. Il fenomeno avviene alla luce del sole: politici incoscienti, allo scopo di dare addosso al governo, non esitano a descrivere il Paese come fosse sull’orlo del baratro, ridotto in miseria: gente che muore di fame, economia asfittica, corruzione dominante, ladri e stupratori ovunque. Un contributo decisivo alla demolizione della credibilità dell’Italia, e della sua reputazione, viene dai media, in particolare dai programmi televisivi di informazione, i quali a furia di insistere sulle negatività hanno convinto anche la stampa e le antenne straniere che siamo un popolo allo sbando, soggiogato da un istrione disonesto, da una maggioranza degna di lui, da ministri inetti. Ovvio che, dopo anni di questo trattamento, l’immagine internazionale del Paese sia stata compromessa.
L’Europa, e non esclusivamente l’Europa, ci guarda con diffidenza e, anche se i nostri conti a dispetto del debito pubblico - risultano sotto controllo, ci candida a fare una brutta fine, quella della Grecia e del Portogallo. D’altronde, l’economia, la finanza, i mercati sono più sensibili alle impressioni che non ai dati di fatto. E oggi l’impressione generale, suffragata dalla propaganda imponenente dell’opposizione, è che l’Italia meriti di essere presa d’assalto dagli speculatori e spennata subito, prima che si spenni da sé.
Adesso, giunti a questo punto, assistiamo a una strana conversione degli stessi che fino a ieri hanno creato un clima irrespirabile dentro e fuori dal Palazzo. All’improvviso, forse spaventati da quello che è accaduto anche per loro responsabilità, si dichiarano disponibili a una collaborazione col governo: Pier Ferdinando Casini e Pier Luigi Bersani sono pronti, dicono, ad approvare la manovra di Giulio Tremonti cui è legato il destino della Patria.
Speriamo non sia troppo tardi. In altre nazioni, in tempi di crisi, si pensa anzitutto al bene comune, a salvare la baracca, poi ci si dedica alle battaglie fratricide. Da noi, viceversa, si è sfruttata la crisi per motivi di bassa bottega politica. Intanto si sono prodotti guasti tali da inceppare la già scassata macchina dello Stato. Non bastano più buoni meccanici per aggiustarla: occorre un miracolo. Altrimenti, se non è oggi sarà domani, andremo a sbattere.
D’accordo, le misure approvate dal Consiglio dei ministri sono criticabili e appena sufficienti per sopravvivere, non per risolvere il problema della insostenibile spesa strutturale; certi scandali suscitano turbamenti e giustificano il sospetto che la Casta sia più brava a farsi gli affari propri che non i nostri; c’è un gran desiderio di cambiamenti e di riforma. È così, lo riconosciamo. Ma di fronte a una congiuntura come questa, all’esigenza di non farsi stritolare e di proteggere quel poco che ci resta, conviene accantonare risentimenti e meschine questioni personali. Si vada tutti uniti in trincea contro chi ci vuole morti. Per prenderci a schiaffi tra di noi, non mancheranno poi le occasioni.
Vittorio Feltri
Fonte > Giornale.it