Clima, Onu ammette: «Himalaya, i ghiacci non si scioglieranno nel 2035»
Corriere.it
23 Gennaio 2010
MILANO - Scusate, ci siamo
sbagliati: faremo meglio i conti. L'Ipcc (Gruppo intergovernativo
dell'Onu sul cambiamento climatico), premio Nobel per la pace nel 2007,
ha presentato le proprie scuse all'India, il cui governo aveva
vivamente protestato per una previsione catastrofica. Nel 2007 l'Ipcc
aveva infatti previsto che, se la tendenza al riscaldamento climatico
resta quella attuale, i ghiacciai dell'Himalaya si scioglieranno entro il 2035, e forse anche prima.
Sconvolgendo le vite di circa 2 miliardi di persone che vivono con
l'acqua che scende dalla catena montuosa più alta del mondo.
GHIACCI - Jairam Ramesh, ministro indiano dell'Ambiente, aveva detto al quotidiano The Times of India
che lo studio dell'Ipcc «mancava di dati scientifici» e ora lo ammette
lo stesso organismo delle Nazioni Unite. Chris Field, direttore del
gruppo di studio responsabile del rapporto criticato, ha riconosciuto
l'errore e ha detto che a breve l'Ipcc renderà pubblico un nuovo studio
con date diverse. Che i ghiacciai himalayani stiano perdendo massa -
come quelli di quasi tutto il mondo - è un dato di fatto ma, dato il
loro spessore, è impossibile che alle temperature attuali possano
sciogliersi del tutto entro il 2035. Yao Tandong, un glaciologo
specializzato nell'altopiano del Tibet, in una recente conferenza
internazionale ha indicato che al passo attuale i ghiacciai himalayani
si scioglieranno per il 30% entro il 2030, per il 40% entro il 2050 e
per il 70% entro la fine del secolo. Questo è il secondo controverso
episodio che vede coinvolto l'Ipcc negli ultimi mesi dopo la diffusione
di email, forse per l'intrusione di hacker russi, di ricercatori
dell'università inglese di East Anglia in cui si ammetteva che alcuni
dati erano stati «potenziati» per evidenziare meglio il riscaldamento
globale.
MENO CALDO DEL PREVISTO - Ma
non è l'unico dubbio sulle stime e sull'andamento futuro del
riscaldamento globale - che nessun scienziato autorevole in materia
mette più in discussione. In uno studio che sarà prossimamente
pubblicato dal Journal of Climate,
rivista dell'American Meteorological Society, si evidenzia che, in base
ai modelli attuali, dall'inizio dell'era industriale a oggi
l'immissione nell'atmosfera di anidride carbonica avrebbe dovuto
provocare un aumento della temperatura ben più alto di quello
effettivamente registrato. Rispetto alla quantità di CO2 emessa, la
temperatura sarebbe dovuta aumentare di 3,8 gradi Fahrenheit (2,11
gradi Celsius), invece è aumentata di 1,4 gradi Fahrenheit (0,78 °C).
Secondo gli autori dello studio, guidati da Stephen Schwartz del
Brookhaven National Laboratory, ciò è dipeso dall'interazione di due
fattori:
1 - la Terra è meno sensibile all'aumento dei gas serra di quanto ipotizzato
2 - la riflessione dei raggi solari dovuta al pulviscolo atmosferico sta facendo diminuire il riscaldamento.
Una
terza possibilità è l'inerzia maggiore del previsto del riscaldamento
dovuto ai gas serra, anche se gli ultimi studi hanno fatto calare il
ruolo di questo ultimo fattore.
La domanda che emerge da questo studio è la seguente: quanta
anidride carbonica e altri gas serra possono essere ancora immessi
nell'atmosfera prima che gli effetti diventino catastrofici? Se la
stima del fattore 1 si trova al punto più basso delle previsioni
dell'Ipcc, per non superare i 2 gradi centigradi considerati come
limite massimo accettabile del riscaldamento planetario restano altri
35 anni di emissioni attuali di combustibili fossili nell'atmosfera. Ma
se il fattore 1 si trova al punto massimo della curva, la
concentrazione attuale di gas serra è GIÀ a livelli tali che si
supereranno i 2 gradi di riscaldamento. Gli autori indicano che
l'influenza del fattore 2 oggi è molto difficile da stimare con buona
attendibilità. Schawartz ammette che formulare politiche
energetico-ambientali con il livello attuale (incerto) di conoscenze è
come navigare in acque pericolose senza bussola. «Sappiamo che dobbiare
cambiare rotta alla nave e sappiamo dove andare, ma non sappiamo di
quanti gradi dev'essere la virata e soprattutto quando dobbiamo girare
il timone».
Fonte > Corriere .it