Chi è davvero "Pro-Israele"
The Washington Post
15 Maggio 2008
Sei decenni fa, mio padre ha combattuto a fianco di Menachem Begin per l'indipendenza di Israele. Se gli aveste detto che dopo di allora, i politici dell'ultima superpotenza al mondo si sarebbero messi un giorno a far carte false per mostrare chi sia più "pro-Israele", vi avrebbe riso in faccia. Benchè sia così grato agli Stati Uniti per l'amicizia mostrata per decenni verso Israele, non posso non chiedermi, ora che lo stato che mio padre ha aiutato a costituirsi sta per compiere i 60 anni, semplicemente chi negli Stati Uniti odierni stia definendo cosa significhi "pro-Israele".
Alcuni supposti portatori di tale fiamma di verità asseriscono che sostenere Israele significhi tautologicamente sostenere ogni azione di Israele ed opporsi in modo implacabile ad ogni nemico di Israele - adottando così gli argomenti delle discussioni dei neoconservatori e degli elementi all'estrema destra delle comunità Giudee Americane e Cristiane Sioniste. Critica o metti in dubbio il comportamento di Israele e sarai etichettato come "anti-Israele", se non peggio. Ma incoraggiare senza riserve miopi politiche israeliane tipo l'espansione delle colonie Giudee nella Cisgiordania, non è vera amicizia. (Sarebbe un vero amico quello che non solo ti lasciasse tornare a casa ubriaco al volante, ma ti offrisse la sua Porsche ed un'ultima tequila per il viaggio ?) Israele ha bisogno di veri amici, non che gli si lasci fare quello che gli pare. Forgiare una salutare amicizia con Israele richiedere il dare alle fiamme alcuni dei miti circa cosa significhi essere pro-Israele.
1. I Giudei Americani scelgono di appoggiare un candidato principalmente sulla base della posizione cha ha verso Israele.
Questa leggenda metropolitana è diventata una sorta di dogma nella Guida Alla Politica Americana, che spiega perchè i politici si diano così da fare per guadagnarsi prima di tutto l'etichetta di pro-israeliani. Ma è una bufala che si cucinano con le loro mani, coltivata da una piccola minoranza di Giudei Americani Conservatori che di fatto votano sulla base di un solo tema, mentre la maggior parte degli altri votanti Giudei effettuano le loro scelte come fanno gli altri Americani : basandosi sui propri punti di vista relativi alla intera gamma dei temi di politica estera ed interna.
Inoltre, la comunità Giudea Americana ha tutt'ora una marcata propensione progressista. Le interviste elettorali suggeriscono che circa l'80% dei Giudei Americani nel 2004 ha votato per John F. Kerry contro George W. Bush; e, secondo il Comitato Giudeo Americano, un 70% di loro nel 2005 era contrario alla guerra in Iraq; le previsioni mostrano che la maggioranza dei Giudei Americani dice di essere a favore di una politica americana per il Medio Oriente più bilanciata e che miri al conseguimento della pace.
2. Se vuoi essere il favorito di Israele, devi essere duro con i Palestinesi.
Sbagliato e, per quel che vale, controproducente. Un modo piuttosto diffuso fra i membri del Congresso per guadagnarsi i loro galloni pro-Israele è quello di andare giù duro il più possibile coi Palestinesi, attraverso pressioni economiche e diplomatiche o dando ad Israele sempre più libertà di azione per gli attacchi militari. Questo può soddisfare un bisogno basilare di colpire a destra e manca i nemici di Israele, ma fa ad Israele più male che bene. Come ha osservato il Primo Ministro israeliano Ehud Olmert : la sopravvivenza di Israele dipende dall'offrire ai Palestinesi un futuro più auspicabile, basato sulla sovranità politica e sullo sviluppo economico. Finchè i Palestinesi non potranno sperare in una vita accettabile e dignitosa, Israele sarà in guerra. E fino a quando l'unica ingenua prospettiva per il popolo palestinese sarà il costruire razzi migliori, neppure la Grande Muraglia Cinese potrà proteggere le città israeliane dal loro furore. Aiutare i Palestinesi a realizzare uno stato autosufficiente e prospero, è una delle cose più pro-Israele che un politico americano possa fare.
3. Il Reverendo John Hagee ed i suoi amici Cristiani Sionisti fanno il bene dei Giudei.
Sarà difficile. Israele ed i Giudei Americani sono davvero così disperati da doversi ingraziare gente i cui sogni messianici implicano la loro uccisione o la loro conversione alla Cristianità ? Hagee, il fondatore di Cristiani Uniti per Israele, col suo degno credo che Israele non deve azzardarsi a cedere alcun territorio nella ricerca della pace perchè che la Bibbia ha promesso ai Giudei tutta la terra santa. In altre parole, i Cristiani Sionisti guardano alle cose di per sè difficili, perchè contrapposte, che Israele dovrebbe fare per raggiungere la pace - e si augurano di ostacolarle. Quindi non è la pace che questi signori hanno in mente; essi si augurano che Israele cerchi di espandere senza sosta i propri confini, spingendo così gli Arabi ad una guerra che sarà catalizzatrice dell'Armageddon e della seconda venuta di Cristo. Le vostre ambizioni richiedono di più del fatto che Israele diventi la benzina per le fiamme della "Fine dei Giorni" ? Se non lo richiedono, Hagee e soci non sono - ripeto, non sono - vostri amici.
4. Parlare di pace con i tuoi amici è segno di debolezza.
Non ti serve un master in relazioni internazionali per capire che cercare la pace trattando solo con quelli che ti piacciono, non porta a niente. La maggior parte degli israeliani lo sanno; un recente sondaggio pubblicato sul quotidiano israeliano Haaretz ha evidenziato che due terzi degli israeliani sono favorevoli ad un cessate il fuoco fra il loro governo ed Hamas, il movimento Islamico Palestinese che controlla la Striscia da Gaza, certamente perchè Hamas è un nemico così rabbioso. Ma a Washington, loro che se la contano giusta, si rifiutano di negoziare, anche solo indirettamente, con Hamas, Iran e Siria. Hamas ha vinto, a valanga, le più recenti elezioni nazionali Palestinesi. Possiamo seriamente pensare che venga cancellato dal panorama politico semplicemente con l'assassinio o con le sanzioni ? Proprio perchè Hamas e l'Iran rappresentano la sfida strategica più allarmante per Israele, coloro che si candidano ad essere gli amici responsabili di Israele, dovrebbero desiderare di vederla vivere in sicurezza per i prossimi 60 anni e dovrebbero impegnarsi a trovare alternative alla guerra.
5. George W. Bush è il miglior amico che Israele abbia mai avuto.
Nemmeno per sogno. Il presidente si è comportato quasi fosse l'uomo all'angolo del pugile-Israele, quando invece avrebbe dovuto arbitrare l'incontro. Una tale scelta ha indebolito la sicurezza di Israele, nel lungo periodo. Israele ha bisogno degli Stati Uniti per mantenere la sua supremazia militare sui nemici, ma ha anche bisogno che gli Stati Uniti contengano le crisi Arabo.-israeliane e facciano da mediatori per la pace. Israele deve molto, per i patti di pace esistenti, all'abilità di Washington di superare la sfiducia fra le varie parti coinvolte nel Medio-Oriente. Così, quando gli Stati Uniti abbandonano il loro valido ruolo di mediatori ed agiscono solo approvando all'unisono Israele, come Bush lungo il suo mandato, gli Stati Uniti minano le possibilità che Israele guadagni sicurezza attraverso la diplomazia. Il miglior regalo che gli amici di Israele possano ora fare a questa democrazia coraggiosa e piena di difficoltà, nel suo storico compleanno, è il far ritornare gli Stati Uniti al loro ruolo guida nella diplomazia finalizzata alla fine del conflitto Medio-orientale - e l'aiutare un Israele, prospero e libero da pericoli, a trovare una casa permanente ed accettata nella comunità delle nazioni.
Jeremy Ben-Ami
jeremyb@jstreet.org
Si ringrazia il lettore Massimo Frulla per la traduzione
Fonte > www.washingtonpost.com
Jeremy Ben-Ami è il Direttore esecutivo di JStreet, un comitato di pressione ed azione politica che promuove la pace e la sicurezza nel Medio Oriente.
Originale
Myths on Who's Really 'Pro-Israel'
Six decades ago, my father fought alongside Menachem Begin for Israel's independence. If you'd have told him back then that politicians in the world's last superpower would be jockeying today to see who can be more "pro-Israel," he would have laughed at you. Grateful as I am for decades of U.S. friendship with Israel, I have to wonder, as the state my father helped found turns 60, just who is defining what it means to be pro-Israel in the United States these days.
Some purported keepers of that flame claim that supporting Israel means reflexively supporting every Israeli action and implacably opposing every Israeli foe -- adopting the talking points of neoconservatives and the most right-wing elements of the American Jewish and Christian Zionist communities. Criticize or question Israeli behavior and you're labeled "anti-Israel," or worse. But unquestioning encouragement for short-sighted Israeli policies such as expanding Jewish settlements in the West Bank isn't real friendship. (Would a true friend not only let you drive home drunk but offer you their Porsche and a shot of tequila for the road?) Israel needs real friends, not enablers. And forging a healthy friendship with Israel requires bursting some myths about what it means to be pro-Israel.
1.American Jews choose to back candidates largely on the basis of their stance on Israel.
This urban legend has somehow become a tenet of American Politics 101, which is why politicians work so hard to earn the pro-Israel label in the first place. But it's a self-serving fable, cultivated by a tiny minority of politically conservative American Jews who actually are single-issue voters. Most Jewish voters make their political choices the way other Americans do: based on their views on the full spectrum of domestic and foreign policy issues.
Moreover, the American Jewish community still has a markedly progressive bent. Exit polls suggest that nearly 80 percent of Jewish Americans voted for John F. Kerry over George W. Bush in 2004; some 70 percent of them were opposed to the Iraq war in 2005, according to the American Jewish Committee; and polls show that most American Jews say they favor a more balanced U.S. Middle East policy that's aimed at achieving peace.
2.To be strong on Israel, you have to be harsh to the Palestinians.
Wrong, and counterproductive to boot. One popular way for members of Congress to earn their pro-Israel stripes is to come down as hard as possible on the Palestinians, by using economic and diplomatic pressure or giving the Israelis a freer hand for military strikes. That may satisfy some primal urge to lash out at Israel's foes, but it does Israel more harm than good.
As Israeli Prime Minister Ehud Olmert has argued, Israel's survival depends on offering the Palestinians a more hopeful future built on political sovereignty and economic development. As long as Palestinians despair of a decent and dignified life, Israel will be at war. And as long as the only channel for the Palestinians' ingenuity is building better rockets, not even the Great Wall of China will protect Israel's cities from their wrath. Helping the Palestinians achieve a viable, prosperous state is one of the most pro-Israel things an American politician can do.
3.The Rev. John Hagee and his fellow Christian Zionists are good for the Jews.
Hardly. Are Israel and American Jewry really so desperate that we must cozy up to people whose messianic dreams entail having us all killed or converted to Christianity? Hagee, the founder of Christians United for Israel, and his ilk believe that Israel dare not cede any territory in the quest for peace, claiming that the Bible promised all of the holy land to the Jews. In other words, Christian Zionists look at the trade-offs that Israel must make to achieve peace -- and hope to thwart them. Then again, peace is not what these folks have in mind; they hope that Israel will seek to permanently expand its borders, thereby goading the Arabs into a war that will become the catalyst for Armageddon and the second coming of Christ. Do your ambitions for Israel extend beyond turning it into the fuel for the fire of the "End of Days"? Then Hagee and company are not -- repeat, not -- your friends.
4. Talking peace with your enemies demonstrates weakness.
You don't need an advanced degree in international relations to recognize that pursuing peace only with people you like is pointless. Most Israelis know this; a recent poll in the Israeli newspaper Haaretz found that two-thirds of Israelis favor cease-fire negotiations between their government and Hamas, the Palestinian Islamist movement that controls the Gaza Strip, exactly because Hamas is such a bitter foe. But in Washington, we self-righteously refuse to engage -- even indirectly -- with Hamas, Iran or Syria.
Hamas won the most recent Palestinian national elections in a landslide. Do we seriously think that it can be erased from the political landscape simply by assassinations and sanctions? Precisely because Hamas and Iran represent the most worrisome strategic challenges to Israel, responsible friends of Israel who'd like to see it live in security for its next 60 years should be engaging with them to search for alternatives to war.
5. George W. Bush is the best friend Israel has ever had.
Not even close. The president has acted as Israel's exclusive corner man when he should have been refereeing the fight. That choice weakened Israel's long-term security.
Israel needs U.S. help to maintain its military edge over its foes, but it also needs the United States to contain Arab-Israeli crises and broker peace. Israel's existing peace pacts owe much to Washington's ability to bridge the mistrust among parties in the Middle East. So when the United States abandons the role of effective broker and acts only as Israel's amen choir, as it has throughout Bush's tenure, the United States dims Israel's prospects of winning security through diplomacy. The best gift that Israel's friends here could give this gallant, embattled democracy on its milestone birthday would be returning the United States to its leading role in active diplomacy to end the conflicts in the Middle East -- and help a secure, thriving Israel find a permanent, accepted home among the community of nations.
jeremyb@jstreet.org
Jeremy Ben-Ami is executive director of J Street, a lobby and political action committee that promotes peace and security in the Middle East.