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Caserta, tomba per bimbi mai nati
Avvenire.it
28 Luglio 2011
Cgil chiede stop a Caldoro
Dalla Lombardia alla Campania aumentano le città in cui si dà l’estremo saluto ai bimbi mai nati. Anche se non richiesto dai genitori. L’ultima delibera approvata in materia (il 22 luglio) è a Caserta. Sancisce il protocollo di intesa tra l’Azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano e l’associazione Difendere la vita con Maria - la stessa che dal 7 maggio 2010 organizza funerali per i feti abortiti, di cui i genitori non hanno voluto farsi carico, a Cremona ogni primo venerdì del mese - per «promuovere la sepoltura dei bambini non nati». A darne notizia in una nota la FP CGIL medici. Il sindaco di Caserta, spiega il sindacato, ha anche messo a disposizione un apposito spazio nel cimitero cittadino e l’iniziativa ha ottenuto il plauso del vescovo. E ora il protocollo «potrebbe estendersi a diversi altri ospedali secondo la volontà espressa da don Maurizio Gagliardini, presidente dell’associazione con sede a Novara», che si è detto intenzionato a usare l’esperienza di Caserta «come ‘locomotiva’ per il Mezzogiorno». La CGIL medici lancia un appello per «fermare questa violenza psicologica sulle donne». E chiede l’intervento del governatore della Campania, Stefano Caldoro. «Il presidente intervenga per garantire il rispetto della salute della donna e la piena e corretta applicazionedella legge 194 in Campania», incalza Giosuè Di Maro, segretario regionale FP CGIL medici. La regione, ricorda, già nel 2007 si distingueva per «uno dei massimi numeri di obiettori tra i ginecologi (oltre l’83%) e tra gli anestesisti (oltre il 77%)». Lombardia regione apripista A fare da apripista sulla sepoltura dei feti abortiti la Regione Lombardia nel 2007. Il Pirellone andò oltre il Dpr 285 del 1990 che prevede l’inumazione dei «prodotti abortivi di presunta età gestazionale dalle 20 alle 28 settimane» e su richiesta dei genitori «anche di prodotti del concepimento di presunta età inferiore alle 20 settimane». Con il regolamento lombardo non solo «si impone alle direzioni sanitarie di informare i genitori della possibilità di richiedere la sepoltura anche per i feti di presunta età inferiore alle 20 settimane - ricorda il sindacato - ma in caso di assenza di richiesta si prevede comunque la sepoltura come si fa per le parti anatomiche riconoscibili in un’area riservata dei cimiteri». «L’ospedale - attacca Massimo Cozza, segretario nazionale FP CGIL medici - dovrebbe tutelare la salute delle donne che effettuano la scelta, consapevole ma dolorosa, dell’interruzione volontaria di gravidanza. La sepoltura nel cimitero può accrescere i sensi di colpa della donna, con il rischio di disturbi psichici post-aborto che possono insorgere anche dopo parecchi mesi, con sintomi di natura depressiva e ansiosa, anche con un andamento cronico». «Il servizio pubblico - continua Cozza - non dovrebbe compiere scelte ideologiche di natura religiosa a danno della salute della donna e in conflitto con la deontologia professionale di medici eoperatori. Chiediamo norme e protocolli che rispettino su tutto il territorio nazionale il diritto alla salute e all’autodeterminazione della donna». Roccella: iniziativa di civiltà Un «elemento di umanità e civiltà», che si colloca comunque «nel rispetto della scelta della donna di abortire». Così il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, commenta il protocollo di intesa tra l’Azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta e l’Associazione Difendere la vita con Maria per promuove il seppellimento dei feti abortiti, con la disponibilità del sindaco di un apposito spazio nel cimitero cittadino. «Mi pare un’iniziativa di civiltà - afferma Roccella - dal momento che, altrimenti, questi feti andrebbero a finire nei cosiddetti ‘rifiuti speciali’, e non credo che il sentimento di una donna che decide di abortire vada in questa direzione». Nella «difficile scelta dell’aborto - sottolinea il sottosegretario - la donna può avere sentimenti ambivalenti e spesso l’idea di una sepoltura del feto può consolare. Se la donna richiede dunque la sepoltura del feto abortito - aggiungeRoccella - non vedo dove sia il problema. Ma è chiaro che non può essere un’imposizione». A ogni modo, anche se non ci fosse una richiesta esplicita da parte della donna che abortisce, precisa, «non vedo quale violenza ci sia, rispetto alla donna, nell’atto della sepoltura del feto». Tale pratica, conclude il sottosegretario, «non si configura cioè come una forma di violenza contro la volontà della donna, la cui scelta è rispettata».
Fonte > Avvenire.it
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