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Berlusconi, la fabbrica del debito
Affari & Finanza
05 Febbraio 2010
Nei 7 anni e 2 mesi dei 3 governi del Cavaliere, dal 1994 al 30 novembre del 2009, lo Stato ha accumulato un ulteriore indebitamento per circa 430 miliardi. Più o meno 7.500 euro per ciscun cittadino italiano.
Se non avessi trovato questo debito pubblico...". Quante volte il
presidente del Consiglio si è lamentato di non avere spazi di manovra
nella finanza pubblica a causa del debito dello Stato? Un macigno da
1.800 miliardi, che genera ogni anno un costo mostruoso di circa 70/80
miliardi di euro. Dovendo pagare questa cifra ogni anno, di soldi per
tutte le belle cose che lui vorrebbe fare (riduzione delle tasse, aiuti
alle famiglie e chissà quali altri mirabolanti misure) non ce ne sono.
Questa è la vulgata di Berlusconi. Ma le cose stanno davvero così? Non
proprio, guardando alle cifre della Banca d’Italia. Se prendiamo in
considerazione tutti i periodi in cui lui è stato al governo, dal 1994
fino ad oggi, eliminando quindi tutti i periodi in cui ha governato il
centro sinistra, viene fuori qualcosa di sorprendente: fra i tanti
esecutivi italiani, sono stati proprio quelli a matrice Berlusconi a
creare un considerevole lascito di debito pubblico.
In soldoni:
durante i 7 anni e 2 mesi di governi di Berlusconi (fino al 30 novembre
2009, ultima data per la quale si hanno i dati) sono stati accumulati
430 miliardi di debito pubblico, ossia circa 7.500 euro per ciascun
cittadino italiano, bambini e nonni compresi, che comporta il pagamento
di 250 euro l’anno a persona di interessi (essendo 3,2% il tasso medio
attuale pagato dai titoli di stato a tasso fisso).
Guardando il
debito causato da Berlusconi dal punto di vista delle famiglie, ogni
nucleo di 4 persone dovrà ridare prima o poi allo Stato la bellezza di
30mila euro, e per il momento gli toccherà pagare gli interessi di
questo piccolo mutuo, perpetuo fino a quando non si restituiranno, pari
a 1.000 euro l’anno, da assolvere ovviamente con maggiori tasse. Tutto
questo solo perché Berlusconi ha ritenuto indispensabile prendersi cura
del nostro Paese in questi 7 anni, con il consenso, è giusto
ricordarlo, di diversi milioni di Italiani.
Il ruolo che ha avuto
Berlusconi nell’impoverire gli italiani è ancora più chiaro se si
considera il valore nominale dei titoli di stato emessi annualmente, in
aggiunta a quelli esistenti l’anno precedente, durante i suoi governi:
un quarto di tutto il debito pubblico della Repubblica Italiana. E non
si tratta di una crescita proporzionale alla durata: perché gli
esecutivi guidati da Berlusconi sono durati finora l’11% del tempo
della storia della Repubblica, mentre hanno prodotto il 24% del debito
totale.
Certo, questi confronti sono un po’ a spanne, perché non
considerano che il vecchio debito "pesa" in realtà molto più di quello
nuovo, che è espresso in euro "svalutati" rispetto al passato.
Ma
se se si "rivaluta" secondo le tabelle dell’Istat il valore del debito
pubblico degli anni passati, quindi lo si trasforma in euro di oggi, il
contributo dei governi di Berlusconi al debito pubblico italiano
risulta indubbiamente più contenuto (261 miliardi di euro al valore del
2009, pari al 15% del totale), ma resta comunque di gran lunga
superiore al debito prodotto dai governi di centrosinistra che si sono
succeduti dal 1995 al 2008.
Infatti, a fronte dei 261 miliardi di
euro (al valore di oggi) di debito accumulato in 7 anni e 2 mesi da
Berlusconi, vi sono solo 80 miliardi di euro di debito accumulato dai
governi di Centrosinistra in 8 anni e 5 mesi di esistenza. Se si
guarda l’evoluzione del debito pubblico pro capite in termini reali,
ossia depurato dall’inflazione (in euro 2009), si ha la conferma che
con Berlusconi gli Italiani ci hanno rimesso. Infatti, il debito
pubblico pro capite è passato in termini reali dai 25.360 euro del 1994
ai 29.773 del 2009, un aumento quindi di 4.410 euro , di cui ben 3.390
(cioè il 77 per cento del totale) sono attribuibili agli anni di
governo Berlusconi, che però hanno coperto meno della metà del tempo
trascorso (7 anni su 15).
La situazione poi peggiora di molto se si
considera che la quantificazione del debito pro capite include gli
stranieri residenti in Italia, ma che non essendo cittadini italiani,
non dovrebbero essere tenuti a rispondere del debito. Se quindi si
escludono i residenti stranieri dalla popolazione italiana, il debito
pro capite aumenta sensibilmente: nel 2009 sarebbe di 31.800 euro, e
non di 29.733, ossia 2mila euro in più. Che Berlusconi non si sia
preoccupato delle generazioni future, lo dimostrano anche i dati del
rapporto debito pubblico/Pil, che vengono considerati dall’Unione
europea per verificare il rispetto del Patto di Stabilità.
Quando
Berlusconi fece la sua prima comparsa come Presidente del Consiglio,
l’Italia aveva un rapporto debito pubblico/Pil del 121,8%, che lui
lasciò inalterato in quei pochi mesi, ma che i Governi di
centrosinistra (Dini, Prodi I, D’Alema, Amato) ridussero di 13 punti
percentuali in 6 anni, portandolo nel 2001 al 108,8%. Negli anni
successivi di Governo di Berlusconi, quel rapporto si ridusse di soli
2,3 punti percentuali nell’arco di 5 anni, mentre Prodi, che gli
successe nel 2006, in appena un anno lo ridusse di ulteriori 3 punti.
Ma
da quando Berlusconi ha ripreso le redini del Governo nel 2008, il
rapporto è cresciuto a dismisura, complice anche bisogna riconoscerlo,
comunque una crisi economica ben al di fuori dal comune. Nel 2009 il
rapporto debito/Pil è risalito al 115%, un valore che ci riporta al
1998. In pratica, i sacrifici previsti da 10 anni di dure leggi finanziarie sono stati vanificati. In
conclusione, i dati della Banca d’Italia smentiscono le affermazioni di
Berlusconi, ossia che il debito pubblico costituisca l’eredità degli
altri governi, e non del suo, e soprattutto che i suoi esecutivi non
abbiano mai messo le mani nelle tasche degli italiani.
Lui le sue
mani le ha messe in quelle tasche. E le mette ancora: infatti ogni
anno, solamente per il debito pubblico di responsabilità dei suoi
governi, lo Stato spende 1518 miliardi per interessi. Che lui trova,
naturalmente, con le imposte o ulteriore debito. Di certo sono gli
italiani che in un modo o nell’altro devono pagare questi interessi. Ecco la quadratura berlusconiana del cerchio: prendere i soldi dalle tasche degli Italiani senza che questi se ne accorgano.
Purtroppo
il livello raggiunto dal debito pubblico italiano, 1.800 miliardi di
euro, circa 30mila euro per cittadino, ossia 120mila per una famiglia
di 4 persone, dovrebbe far suonare seri campanelli d’allarme, se non
altro perché circa la metà dei titoli di stato italiani sono in
possesso di investitori esteri: 816 miliardi di euro al 30 settembre
2009. Questo vuol dire che ogni anno escono dall’Italia in media
circa 35 miliardi di euro come pagamento degli interessi sui titoli,
che è un importo multiplo delle ultime leggi finanziarie, e non si sa
per quanto tempo ancora lo Stato italiano se lo potrà permettere.
Non
solo, ma l’Italia resta esposta al rischio, tutt’altro che teorico, di
rimanere senza risorse, se alcuni fondi di investimento esteri decidono
di non riacquistare i titoli di stato italiano giunti a scadenza. In
una tale evenienza, lo Stato italiano potrebbe avere difficoltà a
pagare gli stipendi dei 3,5 milioni di dipendenti pubblici, e le
pensioni dei 16,8 milioni di pensionati, dato che le tasse, anche se
ritenute alte, non sono sufficienti a pagare tutta la spesa pubblica,
come prova il sistematico deficit pubblico.
QUI
il file pdf dell'articolo cartaceo con relativi grafici
Fonte > Affari & Finanza (cartaceo) | 2 febbraio
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