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Attenti, copiare la Turchia non significa democrazia
Fiamma Nirenstein
12 Febbraio 2011
Un esempio di disturbo ossessivo-compulsivo
Dovremmo davvero smetterla di raffigurarci schemi che ci garantiscano dove va a parare l’Egitto, meglio andare dallo psicanalista a calmare le nostre paure, specialmente ora che Mubarak vacilla sempre di più. Meglio smettere di immaginarsi una magnifica rivoluzione sociale di giovani e di donne che prepara la democrazia nel mondo arabo. C’è chi dipinge piazza Tahrir come una raffigurazione in termini arabi delle rivoluzioni liberali e anticomuniste dell’Europa dell’Est: lo faccia pure, si prenderà una solenne legnata. L’unico elemento di somiglianza l’ha individuato Sharansky: ogni uomo vessato dalla miseria e dalla prepotenza anela alla libertà. Tutti, senza distinzione. Fare il dittatore è rischioso.
C’è chi si immagina che la Fratellanza Musulmana abbia aderito a un processo democratico, e anche Obama se ne accorgerà: ogni affermazione di gradualismo di Mohammed Badie, il capo, è puro tatticismo, e se ne trova la conferma in altre sue terribili affermazioni contro la civiltà non musulmana: lo scopo è il califfato universale e, prima di tutto, in Egitto. Infine, ci sono quelli che si calmano pensando che l’Egitto adotterà un modello turco, islamico ma secolare, in pace con l’Occidente. Ma il modello turco in realtà non è come molti si figurano, cioè come uno scenario in cui i militari giuocarono un ruolo di stabilizzazione e i partiti islamisti vengono ammansiti con la partecipazione. Intanto, questa è un’immagine vecchia, antecedente alla Turchia di Erdogan, ormai parte dell’asse politico iraniano.
E inoltre, non funzionerebbe comunque: l’Egitto, anche se era ed è tuttora fra i più secolari Paesi arabi, non ha mai avuto un leader formidabile come Kemal Ataturk che abbia fatto della secolarizzazione il suo compito storico, nessuno che gli abbia insegnato, in nome di una magnifica visione moderna, a scrivere in lettere latine o che abbia costretto le donne a partecipare al lavoro e a vestirsi all’occidentale... Dopo i colpi di stato del 1960 e del 1980 civili e militari lavorarono insieme per costruire la transizione alla democrazia. In ambedue i casi il capo dei militari divenne presidente e molte figure in parlamento si misero al loro fianco. Se l’Egitto dovesse seguire le orme di questa esperienza, l’esercito (che in queste ore ha effettivamente un ruolo centrale) verrebbe fiancheggiato da una pluralità di partiti di massa e rinnoverebbe la costituzione. Ma, peccato… l’Egitto non ha una struttura partitica sviluppata. L’unico partito ordinato, schierato, con un piano preciso, arricchito dai soldi delle donazioni e dei business di cui il mondo islamico estremista lo gratifica, è la Fratellanza Islamica.
In secondo luogo, l’esercito che aveva garantito una gestione laica del potere, comincia a sparire con la presenza sulla scena dell’Akp nel 2002. Questo partito islamico, una specie di Fratellanza all’acqua e sapone, decise di presentarsi morbido perché la Corte Costituzionale aveva chiuso i partiti islamici duri, il Partito del Benessere nel 1998 e il Partito della Virtù nel 2001. Era un periodo in cui tutti sperarono che la Turchia, liberatasi dal retaggio della continua violazione dei diritti umani, potesse accedere all’Unione Europea. Ma la storia è matrigna. Dopo che l’Akp vinse le elezioni del 2002 su una piattaforma moderata, cominciò la sua marcia verso l’islamismo e verso il terreno incognito che potesse restituirle l’onore che l’Europa non si decideva a accordarle. Divenne antiamericano e antisemita, e si assimilò all’Islam dell’Iran e dei suoi amici, duro, orgoglioso, antagonista.
I militari sono stati fatti fuori, e così anche il potere giudiziario. La democrazia garantita dalla specificità turca è svanita, inutile invocarla: una volta eliminati i controllori, lo spirito islamista della Turchia è inesorabilmente resuscitato. La scelta moderata che era stata imposta da forze come l’esercito e i giudici, compagna di strada della marcia verso l’Europa, è saltata. Per l’Egitto, è inutile contare sull’opzione turca-laica se nessuno è là ad imporla. All’inizio questa soluzione potrebbe neutralizzare le forze religiose, ma alla lunga esse hanno nel mondo islamico una forza, un rigoglio ideologico e pratico straordinario.
Fiamma Nirenstein
Fonte > Il Giornale
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