A Proposito di Disinformazione
Franco Cardini
19 Novembre 2009
Trascrivo, qui di seguito, un articolo a firma Alexandre Del Valle comparso sul quotidiano Libero del giorno 17.11.2009. Per quanto dal contesto di esso la cosa non sia chiarissima, si tratta a quel che pare degli estratti di un recente libro del Del Valle, noto per la sua tesi secondo la quale gli Stati Uniti d'America si servirebbero dell'Islam (presentato e trattato come una realtà omogenea e totalizzante) per compromettere e ostacolare la vita politica, culturale. civile, sociale ed economica dell'Europa. Non ho alcun contatto con il signor Del Valle, e ignoro pertanto sulla base di quale bislacca deontologia professionale egli parli di qualcuno che avrebbe potuto informarlo di prima mano sia delle proprie pubblicazioni, sia delle proprie autentiche posizioni.
Escludo pertanto, sulla base di quanto dal suo scritto rilevo, che il signor Del Valle sia intellettualmente onesto e culturalmente capace di condurre una ricerca corretta: mi chiedo d'altro canto perché il quotidiano Libero abbia accolto un attacco personale così virulento e diretto - suscettibile a quel che persone competenti mi suggeriscono anche di azione legale -, a meno che all'interno di quel giornale non vi sia qualcuno per qualche motivo interessato a diffamare la mia persona. Addito comunque un tale modo di far "giornalismo" al disprezzo di chiunque si appresti a esaminare questo dossier.
Sotto l'articolo di Alexandre Del Valle, la mia replica sul Secolo d'Italia di oggi.
17 novembre 2009
Il fronte comune di islamici, nazisti e compagni
Alexandre Del Valle
L’espressione
«rosso-nero-verdi», da cui è stato concepito il titolo di questo libro,
venne utilizzata per la prima volta da Jean Thiriart. Militante
nell’estrema destra belga e nel Circolo degli Amici del Grande Reich
Tedesco (AGRA) durante l’occupazione nazista del Belgio, Thiriart,
all’epoca giovane rexista, era stato molto legato al movimento
nazionalbolscevico filonazista del professor Kessemaier e imprigionato
per collaborazionismo alla fine della guerra. All’inizio degli anni ’60
diede vita a una nebulosa internazionale neonazista e poi, dopo essersi
momentaneamente opposto alla decolonizzazione, abbracciò, come la Nuova
Destra, posizioni filoarabe e terzomondiste. Diventato filosovietico,
Thiriart denunciò oppositori anticomunisti cristiani dell’Europa
dell’Est come Lech Walesa, definendolo una «marionetta della propaganda
sionista e americana». (...)
Concentrò i suoi sforzi
sull’antigiudaismo e sull’alleanza con i nazionalisti arabo-musulmani
alla stregua di François Genoud e del Gran Muftì di Gerusalemme. In
Francia ispirò rosso-neri come Christian Bouchet, la Nuova Destra o gli
intellettuali usciti da questo movimento e diventati più rispettabili,
come Franco Cardini in Italia.
[1]
In America Latina, influenzò il dittatore argentino Perón, il
geopolitologo peronista-negazionista argentino Norberto Ceresole, e
sopratutto il leader della «Rivoluzione bolivarista» Hugo Chávez. (...)
In
maniera repentina, quindi, questo nostalgico del Terzo Reich diventò
antimperialista, filocubano e filocinese. Un cambio di rotta che lo
portò al «nazionalcomunismo» al fianco dei militanti maoisti, con i
quali condivideva un antisionismo virulento e una fascinazione per
l’azione rivoluzionaria diretta di tipo palestinese. L’alleanza con la
Cina comunista e il mondo arabo era per lui necessaria contro il nemico
principale: l’imperialismo americano-sionista. Ma l’odio viscerale nei
confronti degli Stati Uniti fece nuovamente evolvere il suo movimento
verso posizioni filosovietiche e filorusse, in contrapposizione
all’antiatlantismo. I Cahiers du Solidarisme, anch’essi frutto del
movimento Giovane Europa di Thiriart, editati dal 1976 al 1979,
seguivano la stessa direzione. In un numero già citato della rivista
Eléments, dedicato agli arabi, Claudio Mutti ha spiegato come
l’organizzazione e la rivista Jeune Europe di Thiriart avessero
motivato la sua conversione all’Islam e il suo filoarabismo
terzomondista «di destra». Fu in quegli anni e seguendo
quest’evoluzione che i “Solidaristi" e la Nuova Destra, influenzati da
Thiriart e Jeune Europe, strinsero legami con i gruppi
«euro-terroristici» di Action Directe, delle Brigate Rosse italiane -
che all’epoca era considerata la più efficace struttura d’azione
«antimperialista» - e delle Cellule Comuniste Combattenti (equivalenti
belghe delle prime due). Un avvicinamento che ebbe conseguenze dirette
quando i militanti del gruppo di Thiriart si associarono all’estrema
sinistra terroristica in Italia, in particolare a Renato Curcio, che in
seguito fu a capo delle Brigate Rosse.
Il camerata Renato Curcio
Contrariamente
a quanto scritto dai suoi biografi, il terrorista rosso Renato Curcio
non iniziò la sua «carriera politica» a Trento nel 1967, ma diverso
tempo prima ad Albenga, nell’ambito del movimento di estrema destra
americanofobo e antisemita di Thiriart, Jeune Nation, che darà i
natali, in Italia, a Giovane Europa, dalla quale Curcio trarrà la
propria formazione. Nel n. 4 della rivista Giovane Nazione, il
«camerata Renato Curcio» è citato in qualità di responsabile della
sezione di Giovane Europa di Albenga. Nel n. 5 (ottobre 1963) dello
stesso giornale, Curcio è lodato per il suo «zelo militante», e solo in
seguito egli entrerà a far parte del movimento studentesco di estrema
sinistra. È in Giovane Europa che imparerà i pregi dell’organizzazione
e della centralizzazione leninista e che studierà le basi teoriche
della guerra partigiana nonché il concetto di «brigata
politico-militare». A partire dal 1967, Renato Curcio si farà promotore
di movimenti studenteschi di estrema sinistra all’Università di Trento
ed entrerà a far parte del Partito comunista italiano
(Marxista-Leninista), partito rosso-nero-verde ante litteram che
all’epoca collaborava con Giovane Europa e promuoveva la rivista Lavoro
Politico.
È in questo periodo che Curcio conosce e sposa
Margherita Cagol, la futura pasionaria delle Brigate Rosse. In seguito
egli si recò a Milano, dove entrò in contatto con l’editore di estrema
sinistra Giangiacomo Feltrinelli, il quale lo mise in contatto con il
gruppo terrorista tedesco della Raf e con la Sinistra proletaria
francese.
Così come la Jeune Europe, votata a partire dal 1966 a
dare vita a una forza politico-militare destinata «ad abbattersi
sull’Europa per farla finita con i collaborazionisti di Washington»,
anche le Brigate Rosse denunciavano la Nato come «organo di polizia
degli americani in Europa». I concetti erano gli stessi. A parte Renato
Curcio, l’ideologo rosso-nero-verde che meglio illustra, in Italia, la
confusione «nazimaoista» è l’editore Franco Giorgio Freda, fondatore
delle Edizioni di Ar, incarcerato per vent’anni per «cospirazione
politica» e presunta partecipazione ad alcuni attentati che hanno
insanguinato l’Italia, come la strage alla Banca Nazionale
dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano.
Freda, Mutti e Blondet
Nel
1969, a Padova, Freda fu il co-organizzatore della prima grande
manifestazione pro-Palestina mai avvenuta in Italia, legata ad alcuni
rappresentati di al-Fatah e a dirigenti del gruppo maoista di Potere
operaio. In un’intervista alla Librairie Française, Freda ha spiegato
il suo cocktail ideologico in occasione della presentazione di un suo
volume. Nel frattempo, alcuni suoi amici danno vita a sezioni
dell’associazione Italia-Cina e, con Mutti, all’associazione
Italia-Libia. (...) Parimenti, Claudio Mutti, formatosi nella Giovane
Europa negli anni ’60, diventò «maoista» e tentò di creare una
struttura «nazimaoista» in Italia attorno ai simpatizzanti della
rivista Orion. Mutti teorizzava una union sacrée in questi termini:
«Contro il fronte dell’insolenza democratica, dell’avidità finanziaria
e della dominazione ebraica ci dovrebbe essere un fronte di estrema
sinistra e di estrema destra». (...)
In Italia, l’istigatore
antisemita cattolico Maurizio Luigi Blondet ha conosciuto anch’egli una
popolarità trasversale rosso-nero-verde, dopo essersi specializzato
nella negazione dell’11 settembre e nella tesi del «complotto
giudaico-massonico» contro i musulmani e i cattolici. Blondet,
giornalista e scrittore vicino all’area cattolica integralista, ex
inviato speciale de Il Giornale e dell’Avvenire, dirige le edizioni
Effedieffe fondate da Fabio De Fina.La maggior parte dei suoi scritti
riguarda i «poteri occulti» e le «oligarchie». Blondet si occupa di un
settimanale intitolato Il Cospiratore e scrive regolarmente editoriali
antiebraici sul giornale integralista online Effedieffe, anch’esso
pubblicato dalla casa editrice creata e diretta da Fabio De Fina che ha
sede a Viterbo.
Le tesi revisioniste
Dopo
l’11 settembre Maurizio Blondet si è impegnato a divulgare le tesi
revisioniste di Thierry Meyssan, spiegando che gli attentati di
Manhattan a opera di fondamentalisti islamici sarebbero stati il frutto
di un complotto americano-sionista e massonico destinato a «distruggere
la resistenza islamica» al Governo Mondiale, così com’è descritto nei
Protocolli dei Savi di Sion, testo a cui fa spesso riferimento l’autore.
Blondet
ritiene che, dall’11 settembre alla crisi dei subprimes, l’origine
della decadenza e delle catastrofi mondiali vada ricercata nei
complotti orditi dalle strutture bellico-industriali dell’Occidente, in
particolare da quelle americane e dalle lobbies petrolifere e politiche
giudaico-massoniche; senza dimenticare che i neoconservatori americani
sarebbero alla base del «complotto dell’11 settembre». Blondet ha
presentato quest’idea in numerosi suoi scritti. Alcuni mesi dopo gli
attentati di Manhattan, Blondet ha sostenuto l’argomento
dell’«autoaggressione» statunitense e della partecipazione dei servizi
segreti israeliani alla legittimazione dell’intervento armato in
Afghanistan e in Iraq.
Blondet è attivo anche nella ricerca
delle «origini» ebraiche, benché antiche, dei grandi papi
«cospiratori»; ha prodotto prove sull’ascendenza ebraica del defunto
papa Giovanni Paolo II presentate nell’opera Cronache dell’Anticristo.
La testimonianza di una nuova convergenza rosso-nero-verde è offerta
dalla riformulazione di determinate tesi di Blondet da parte di alcuni
esponenti dell’ultrasinistra. Fatto che risulta evidente consultando il
sito No Global http://www.edoneo.org o la pagina
http://smart.tin.it/rancinis/ fiamma.html, in cui si trovano gli
articoli del teorico italiano dell’alleanza «catto-islamista» contro i
«decadenti» e i giudeo-massoni. Le posizioni di Blondet, infatti, sono
abbastanza diffuse nella destra neopagana e integralista-cattolica
italiana.
[2]
Esse hanno anche registrato una certa “rispettabilità", da quando uno dei suoi principali rappresentanti,
[3]
il cattolico convinto e un tempo membro della Nuova Destra e dell’Msi
Franco Cardini, si è allontanato dagli ambienti radicali per divulgare
le tesi negazioniste dell’11 settembre, filoislamiste e antisioniste
sulla stampa nazionale
[4]
o in opere collettive quali Zero, lavoro dedicato alla negazione degli
attentati di Manhattan e del Pentagono del 2001 e scritto assieme a
famosi esponenti dell’antiamericanismo e del revisionismo come Thierry
Meyssan.
[5]
Cardini,
docente di Storia medievale a Firenze, è stato membro del movimento
transnazionale Jeune Europe fondato dal belga Jean Thiriart,
[6]
ha studiato la mistica fascista e il sincretismo islamico e ha preso
posizione contro le guerre in Afghanistan (2001) e in Iraq (2003)
aderendo alla grande manifestazione unitaria del 13 dicembre 2003
promossa dal Campo Antimperialista.
[7] È stato direttore editoriale del mensile della Fondazione Federico II di Palermo, L’Euromediterraneo,
[8]
e dell’Associazione culturale Identità Europea. Come molti
antimperialisti e antisionisti formatosi nella Nuova Destra, egli
promuove un’immagine positiva dell’Islam nel quale identifica, seguendo
il pensiero di Guénon, sia una religione «tradizionale» sia,
all’interno del mondo arabo, una zona di opposizione alla cultura
imperialista, mondialista e materialista dell’Occidente americanizzato.
Come hanno rivelato il settimanale Tempi e l’agenzia d’informazione
Corrispondenza romana, Franco Cardini è corrispondente
[9]
di Radio Teheran, nella sezione ufficiale di La Voce della Repubblica
islamica, cioè la radio di Stato iraniana che trasmette tutti i giorni
in lingua italiana da una capitale estera. Radio Teheran esiste dal
1995, ma sta acquisendo sempre maggiore peso grazie al rinnovato
protagonismo internazionale del leader Ahmadinejad. Cardini esprime
spesso il suo parere sulla Palestina, l’Iraq, «l’islamofobia» o la
politica italiana. Autodefinitosi «uomo d’ordine e di destra»
[10]
e spesso interpellato dal Secolo d’Italia, Cardini è stranamente
risparmiato dalla sinistra ed è anche stato portato a esempio dal
leader del Pd Walter Veltroni
[11] per i suoi attacchi ai tagli del governo alla scuola e all’università.
.
Alexandre Del Valle
19 novembre 2009
Che io sia una strega?
Franco Cardini
Nella nostra vita, il dolce si mischia sempre all’amaro. E magari al piccante. E’ la regola. E io non vi sfuggo.
La
settimana scorsa ero vicino a Gerusalemme, nell’oasi ospitale di Nevé
Shalom, l’ “Oasi di pace" dove israeliani ebrei, arabi cristiani e
arabi musulmani vivono insieme, cercando di dimostrare al mondo che
tutto è possibile agli uomini di buona volontà. Abbiamo ricordato
insieme, con la preghiera e con un convegno di studi, la memoria di
padre Michele Piccirillo, il prestigioso francescano-archeologo di
recente immaturamente scomparso. Anima dell’evento è stata una mia
meravigliosa amica, Simonetta Della Seta, adesso addetta culturale
presso la nostra ambasciata a Tel Aviv. Con Simonetta ho scritto un
romanzo storico,
Il guardiano del santo Sepolcro (Milano,
Mondadori, 2000), dove noi due, un’ebrea e un cattolico, c’incarichiamo
di far parlare in prima persona il portinaio della basilica
gerosolimitana della resurrezione, un musulmano. Peccato che i
media ne
abbiano parlato poco. A Nevé Shalom ho avuto la gioia di poter
riabbracciare tanti stimati colleghi israeliani, come il grande
medievista Benjamin Z. Kedar, amico di colui ch’è stato uno dei miei
più cari maestri, Joshua Prawer., il cui splendido libro
Colonialismo medievale ho
avuto l’onore di tradurre in italiano (Roma, Jouvence, 1985). I miei
amici ebrei, tanto italiani quanto israeliani, sanno bene che io non
concordo in tutto con la politica israeliana, specie con quella di
alcuni recenti governi e soprattutto con l’attuale, e segnatamente
nella politica seguita nei confronti dei palestinesi e dei “territori
occupati"; come sanno che io non credo molto che l’attuale modo
maggioritario di presentare la società iraniana sia corretto e
risponda completamente a verità. Ma discutiamo, come si fa tra amici:
e gli amici non sono quelli che ti danno sempre e comunque ragione, ma
quelli che ti espongono lealmente le loro ragioni e si aspettano
altrettanto da te.
Per il resto, essi – che mi leggono – sanno
benissimo che cosa pensi di loro, della loro cultura e della loro fede
abramitica, che da figlio di Abramo in quanto cattolico anch’io per
tanti versi condivido. L’ho scritto a chiare lettere, introducendo la
traduzione italiana del libro curato da Alain Dieckhoff,
Israele. Da Mosè agli accordi di Oslo
(Bari, Dedalo, 1999). Dicevo testualmente, a p.14: “…Israele non è né
uno strano fenomeno antropologico-religioso, né una specie di fossile
storico misteriosamente sopravvissuto e riaffiorato nelle tormentate
vicende degli ultimi duecento anni. Ma, semplicemente, una parte di noi
e delle nostre vicende di cui non possiamo fare a meno. Una gloria del
mondo". Non ho nulla da aggiungere e nulla da togliere a quelle
parole.
[12]
La
bella esperienza di Nevé Shalom si è conclusa per me venerdì scorso, a
tavola, ospite fraternamente accolto da Simonetta, da suo marito – il
musicologo Massimo Torrefranca – e dai loro figli Anna e Gad, per la
cena di
shabbat.
Fin qui il dolce. L’amaro, o meglio
il “piccante" – nel senso dell’irritante –, è arrivato qualche giorno
dopo, il 17 novembre scorso, con un articolo nel quale Alexandre Del
Valle, forse sull’onda delle recenti dichiarazioni del ministro Maroni,
“denunzia" un terribile complotto “verde-nero-rosso" ordito insieme,
in spregevole combutta, da fondamentalisti islamici, nostalgici
neonazisti ed estremisti bolscevichi. E naturalmente buona parte di
tale articolo è dedicata a me: non ho capito tropo bene in quale delle
tre convergenti categorie egli mi ponga, ma credo in entrembe
(neologismo per dire in tutte e tre).
Follìa diffamatoria? Non proprio. O, perlomeno, diciamolo con l’
Amleto
di Shakespeare: c’è del metodo in questa follìa. Il Del Valle in realtà
in parte “denunzia" cose che io sono stato il primo a dire di me
stesso in molti libri (dall’autobiografia
L’intellettuale disorganico alla raccolta di saggi
Scheletri nell’armadio),
[13]
in parte vaneggia cucendo insieme indizi allegramente interpretati e
squisite falsità in uno stile che ricorda certi personaggi del romanzo
di Vladimir Volkoff,
Il montaggio, o certe “rivelazioni" che andavano per la maggiore nella bell’America dei tempi di Joseph Mc Carthy.
Io
sarei stato quindi iscritto, da giovane, alla “Giovane Europa" di
Jean Thiriart e “membro" della Nuova Destra di Marco Tarchi (che non è
mai stata un movimento);
[14]
avrei studiato la mistica fascista (mai!) e il sincretismo islamico
(falso; non so che cosa sia il sincretismo islamico; io mi sono
occupato di rapporti tra Europa e Islam)
[15]
e seguirei quanto alla mia interpretazione della fede coranica le tesi
di Guénon (manco per idea!). Ispirandosi inoltre alle “rivelazioni" (
sic)
del settimanale “Tempi" e dell’agenzia “Corrispondenza romana", ma
senza verificare le informazioni desunte (se mi avesse telefonato,
gliene avrei date io di più precise…), il Del Valle prosegue sostenendo
che sarei “corrispondente di Radio Teheran" (un’emittente che mi ha in
effetti intervistato un paio di volte; e al quale ho risposto con
cortesia, come faccio sempre con tutti e come avrei fatto anche con
Radio Zagarolo…) e che avrei preso posizione contro le guerre in
Afghanistan e in Iraq (verissimo e sacrosanto: ho scritto anche tre
libri al riguardo).
[16]
Vi risparmio le piacevolezze minori: salvo il fatto che mi definirei
“uomo d’ordine e di destra" (in realtà ho sempre detto di essere uomo
d’ordine e dotato di vivo senso dello stato, valori di una “destra"
che non è tuttavia quella liberal-liberista) e che sarei spesso
interpellato perciò da “Il secolo d’Italia" (vero: sono anzi forse il
decano dei suoi collaboratori, dal momento che la mia firma su tale
quotidiano è uscita per la prima volta nel 1958), ma che sarei stato
“stranamente risparmiato dalla sinistra" e che una volta sono stato
addirittura elogiato in pubblico da Walter Veltroni “per i
suoi (cioè
miei) attacchi ai tagli del governo alla scuola e all’università".
Peccato che il del Valle, forse mal consigliato e peggio documentato,
“ometta" che Veltroni mi citò esplicitamente per un articolo comparso,
guarda caso!, proprio su “Il Secolo".
Che malinconia. Ho quasi
settant’anni, e ho passato quasi mezzo secolo dell’esistenza studiando
come un matto. Ho al mio attivo circa 150 volumi, e molte migliaia fra
saggi e articoli. Ho regolarmente vinto la mia cattedra universitaria
di ruolo (altro che “risparmiato dalla sinistra"!), insegnato in
parecchi Atenei anche all’estero, vinto qualche premio di una certa
importanza. Eppure, il quotidiano “Libero" non ha mai creduto
opportuno – ed è stato suo sacrosanto diritto, che diamine! – di
dedicarmi nemmeno due righe di recensione. Di recente, ho pubblicato
due libri di medievistica:
Cassiodoro il Grande (Jaca Book) e
una raccolta di studi francescani editi dal centro Italiano di Studi
sull’Alto Medioevo. Silenzio-stampa, almeno su quel giornale. E allora,
perché d’incanto interesso in tal modo a lorsignori, affaccendati a
quel che pare a impaurire la loro opinione pubblica col temibile
fantasma d’un’alleanza tra “opposti estremismi" rosso-nero-verdi?
Azzarderei una risposta. In effetti, non pare che il Del Valle declini proprio tutte le sue fonti. Forse, un’occhiata al
blog “Informazione
corretta", che da tempo mi dedica attenzioni analoghe alle sue –
olimpicamente ignorando tutto della mia attività scientifica -, deve
averla data; certo comunque qualcuno gliel’ha suggerita, o l’ha
consultata per lui. O magari dev’essergli diciamo così passato per le
mani il numero del 21 aprile 2004 dell’ “American National Review",
nel quale due solerti “giornalisti" (?!), per la cronaca italiani,
argomentavano sul mio conto più o meno le stesse cose. Ho citato i due
paltonieri in questione per diffamazione: se la sono cavata andando
assolti (ma con formula dubitativa: ed è in arrivo il processo
d’appello). Non so se in questo caso ricorrerò ancora alla legge. Quel
che so è che in Italia sta montando un’ondata di “caccia alle streghe"
nella quale chi non si preoccupa di “allinearsi", ma cerca di dir la
sua restando un uomo libero e rispettoso della verità, potrebbe anche
rischiar qualcosa. Per esempio si prende di mira un galantuomo che
magari non apprezza del tutto la politica estera americana o quella
dell’attuale governo d’Israele e che ha sempre detto la sua a viso
aperto e documentando le sue affermazioni: e, guardandosi bene dal
confutarle con altrettanta lealtà, lo si denunzia come “filomusulmano"
e “antisionista", e s’insinua che possa essere in realtà antisemita, e
magari criptonazicomunista. Peccato che non tutti siano disposti a
lasciarsi intimidire
Vecchi metodi. Vecchie inquisizioni. Vecchi
giochi di prestigio. Che io sia una strega? In fondo, sarei anche in
buona compagnia (penso alla strega Sabatilla di
Brancaleone alle crociata, splendidamente
interpretata da una giovane Stefania Sandrelli; o alla strega Finicella
di un mediocre film peraltro piacevolmente interpretato da Renato
Pozzetto, nel quale figura una giovane e mozzafiato Eleonora Giorgi ).
Ma allora venite fuori una buona volta, allo scoperto, tàngheri che
siete. Abbiate per una volta la forza di studiare, invece di sceglier
la pigra via della calunnia; scovate per una volta il coraggio di
citarmi per quel che veramente ho detto e scritto, senza interpolazioni
e senza giochetti delatòri. E sia chiaro: sempre meglio comunque
criptonazicomunista, come
non sono io, che infami e incolti, come siete voialtri.
Franco Cardini
[1]
Rispettabile, Franco Cardini lo è sempre stato. Come cittadino, come
funzionario pubblico, come insegnante. Sfido il Del Valle a dimostrare
il contrario. (
N.B. – Le note a piè di pagine sono tutte
dovute a F. Cardini: anche quelle apposte a commento dell’articolo del
Del Valle, o comunque della pagina estrapolata dal libro del medesimo).
[2]
Il Del Valle dimostra qui d’ignorare totalmente,e pietosamente, la
deriva “teocon" di una parte notevole della “destra integralista"
italiana. Alla sua stessa attività inquisitoria gioverebbe al riguardo
un’attenta lettura del libro di F. Cardini,
Testimone del tempo, Rimini, Il Cerchio, 2009.
[3]
Cardini conosce il giornalista Blondet, anche se non troppo sul piano
personale (hanno in comune la collaborazione al quotidiano
“Avvenire"), e non ha difficoltà a definirlo un amico, anche se non su
un piano di speciale frequentazione: ne apprezza alcune cose, non ne
condivide altre, ma esclude che sia legittimo definirlo “antisemita";
comunque non ne è mai stato “rappresentante", né “principale" né
altrimenti, né gli risulta che egli si sia mai fatto rappresentare da
chicchessia.
[4]
In questo delirio di aggettivi desinenti in “-iste", si “dimentica"
di fornire dati bibliografici attendibili e precisi. A tale lacuna
abbiamo rimediato
infra, in qualche nota che il lettore più attento avrà la benevolenza di considerare con la dovuta attenzione.
[5]
In realtà, l’attività pubblicistica di Franco Cardini è sempre stata
molto più ampia, approfondita e attenta: anche grazie ai consigli di
alcuni valorosi colleghi contemporaneisti, tra i quali vanno citati
Massimo Cacciari (certo “contemporaneista", per quanto il definirlo
così sia riduttivo), Ernesto Galli della Loggia, Giacomo Marramao,
Marco Tarchi e Danilo Zolo. Vanno citati al riguardo i seguenti libri
(che naturalmente il Del Valle non ha letto, che non conosce e che non
pare sia in grado di giudicare; forse i suoi “suggeritori" ne sanno
qualcosa, ma preferiscono evitarli salvo il consultarli rapsodicamente
qua e là, alla ricerca di frasi “compromettenti" da estrapolare):
I cantori della guerra giusta, Rimini, Il Cerchio, 2002;
La paura e l’arroganza, Roma-Bari, Laterza, 2002; di tale libro Cardini è non autore, bensì curatore);
Astrea a i Titani. Le lobbies americane alla conquista del mondo , ibidem, 2003;
La globalizzazione. Tra nuovo ordine e caos, Rimini, Il Cerchio, 2005. La collaborazione al libro
Zero è invece nata da un’accurata ricerca, portata avanti in gruppo a cura dell’
équipe fiorentina del gruppo “Dia-Léghein".
[6]
Corretto; la militanza di Cardini, nato nel 1940, in “Giovane Italia"
e nel MSI si situa tra 1953 e 1965, quella in “Giovane Europa" tra
1965 e 1969.
[7]
La vicenda cui il Del Valle fumosamente allude è stata accuratamente
ricostruita, con la citazione dei documenti originali, nel saggio di F.
Cardini,
Una storia imbarazzante, ripubblicato in Idem,
La fatica della libertà, Roma, Fazi, 2006, pp.168-77.
[8]
Si tratta in realtà d’un progetto del quale Cardini fu per alcuni mesi
incaricato, ma che non andò in porto: questa citazione svela una volta
di più il carattere rapsodico e approssimativo, quindi inattendibile,
del metodo seguito dal Del valle nel raccogliere e nel verificare fonti
e notizie (è oltretutto presumibile che si sia servito di cattivi e
inabili consiglieri-collaboratori).
[9]
Il definire “corrispondente" di un’emittente radiofonica chi sia stato
due o tre volte intervistato da essa è desolante prova di scarsa
familiarità del Del Valle o dei suoi consiglieri-traduttori sia con le
istituzioni professionali giornalistiche, sia con il lessico italiano.
[10]
Per la verità Cardini è più volte tornato su tale argomento,
riconoscendo le componenti “di destra" del suo modo di pensare
principalmente nel suo tradizionalismo cattolico ispirato al magistero
di Attilio Mordini e nel suo senso dello stato, ma sottolineando che
ciò non esclude affatto – al contrario- che egli si senta decisamente
“di sinistra" sul piano delle politiche sociali.
[11]
Ci si riferisce qui a un comizio di Veltroni al Circo Massimo, durante
la competizione elettorale per le ultime elezioni comunali a Roma:
egli citò un parere comparso in un articolo redatto da Cardini su “Il
secolo d’Italia", nel quale si dichiarava che i tagli all’Università
erano un modo di “rubare ai poveri per dare ai ricchi".
[12] Ad ebrei e ad ebraismo Cardini ha dedicato i seguenti libri:
Gli ebrei. Popolo eletto e perseguitato, Firenze, Bulgarini, 1995;
Fratelli in Abramo. Breve storia parallela dell’ebraismo e dell’Islam, Rimini, Il Cerchio, 2000.
[13]
Si ricorda ancora, come particolarmente significativa in questo senso,
la raccolta di saggi dal titolo (emblematico: e il, Del Valle dimostra
fino a che punto…)
La fatica della libertà,cit.
supra, nota
7, e significativamente dedicato “Ai miei amici cristiani, ebrei e
musulmani, perché confidino nel Dio di Abramo, senza mai dimenticare
che Egli ci ama tutti".
[14] Di ciò Cardini ha trattato nel libro
L’intellettuale disorganico, Torino, Aragno, 2001.
[15] Cfr.
Noi e l’islam, Roma-Bari, Laterza, 1994;
Europa e Islam. Storia di un malinteso, ibidem 1999;
L’invenzione del nemico, Palermo, Sellerio, 2006
[16] Cfr.
supra, nota 5.