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Negazionismo, versione israeliana
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Immagina, se ti va, uno stato giudeo creatosi come rifugio od ultima spiaggia, che un giorno dichiari reato l'atto stesso di cercare rifugio.

Immagina, se ci riesci, una legge che permetta l'espulsione, senza alcun processo legale, di quei rifugiati così disperatamente desiderosi di raggiungere una tale nazione, da essere disposti a rischiare le proprie vite e quelle dei propri bambini per riuscirci. Immagina, per quanto possa sembrarti impossibile, che una nazione giudea patria di centinaia di migliaia di sopravvissuti dell'Olocausto, possa decidere non solo di tenere in carcere per cinque anni i rifugiati africani, ma di condannare, con sentenza di tribunale, ad almeno sette anni di prigione tutti quelli rifugiatisi scappando dai genocidi del Sudan.

Queste sono le direttive di una legge che ha ormai superato senza difficoltà un voto preliminare della Knesset [ parlamento israeliano, ndt ]. Così insensibile è il linguaggio di questo atto, così crudeli le sue disposizioni verso gli africani che cercano di sfuggire ai mille pericoli, che il Prevention of Infiltration Act del 2008 può dirsi costituisca una nuova forma di negazione dell'Olocausto. E' una negazione che si fonda sul credo che hanno molti giudei israeliani secondo il quale ritengono di essere così ben consci delle lezioni dell'Olocausto - e così spesso ingenuamente paragonati ai Nazisti - da essere incapaci di comportarsi con gli altri nello stesso modo col quale in tempo di guerra il mondo si comportò verso loro, i maledetti giudei.

Per decenni, i leaders israeliani, terrorizzati all'idea di aprire il vaso di Pandora contenente milioni di rifugiati palestinesi,  hanno insabbiato e rimandato il legiferare sul tema più ampio dell'ospitalità ai rifugiati non-giudei. Hanno permesso solo a "regolamenti di emergenza" temporanei per gli "infiltrati" di rimanere agli atti come unica legislazione sul tema, da quando vennero emanati 54 anni fa.

La burocrazia ha fatto del suo meglio per cercare di non avere a che fare con il Darfur e simili problemi di rifugiati africani, finchè il flusso di richieste di asilo non è diventato troppo imponente per poterlo ignorare.

Il rischio causato dal non agire riguardo ai rifugiati africani in Israele, e l'ombra morale della risposta che il mondo aveva dato all'Olocausto, sono stati per un pò evidenti. Già dai primi del 2006, Avner Shalev, presidente di Yad Vashem [  " Holocaust Martyrs' and Heroes' Remembrance Authority" è la memoria ufficiale israeliana delle vittime dell'olocausto, ndt ], pressò il Primo Ministro Ehud Olmert perchè agisse con decisione in favore di quelli che scappavano dagli stermini di massa e da orrori inimmaginabili. "Quali membri della comunità giudea, per la quale il ricordo dell'olocausto è bruciante, " scrisse all'epoca Shalev, "non possiamo rimanere lì fermi mentre i rifugiati dagli stermini del Darfur picchiano alle nostre porte."

Quello che serviva, allora come ora, erano creatività e compassione perchè facessero immaginare una politica capace, nelle parole di Matan Vilnai, Ministro della Difesa Deputato - Laburista - di cogliere l'equilibrio "fra diritti umani, bisogno di sicurezza e legalità, prendendo in considerazione le dimensioni del problema." Invece, abbiamo ora questa legge, per di più, spinta dallo stesso Vilnai. Benchè la legge abbia superato la lettura preliminare del plenum della Knesset, lo scorso mese, con una maggioranza netta di 21 ad 1, ha sollevato seri ripensamenti anche fra alcuni dei legislatori cha hanno votato a favore.

I provvedimenti dell'atto includono un potenziamento delle forze di sicurezza per poter trattenere i rifugiati fino a 18 giorni, senza che sia necessaria una accusa. Ancor peggio, la legge proposta permetterà ai soldati sul campo di effettuare "spedizioni calde indietro" entro tre giorni dalla cattura del rifugiato, rispedendolo indietro attraverso il confine del Sinai, dove potrà essere impallinato dalle forze egiziane, o ri-deportato in Sudan per ricevere il benvenuto dai plotoni di esecuzione. Sarebbe saggio per gli israeliani se guardassero un pò più da vicino al perchè i rifugiati, fra tutti i posti possibili, scelgano Israele come loro rifugio.

I racconti fatti agli israeliani che li hanno aiutati ospitandoli nelle case, procurando loro assistenza medica, legale e soddisfacendo i loro bisogni in generale, sono spesso scioccanti, se visti nel contesto della nuova legge.  Molti hanno raccontato a mia moglie, che lavora come infermiera volontaria in una clinica per rifugiati situata in Tel Aviv, che scelgono Israele perchè è l'unica democrazia nella regione. Un altro ha detto ad Anat Ben-Dor, procuratore ed attivista pro-rifugiati, che ha scelto Israele perchè, come è scritto sul suo passaporto sudanese, Israele era l'unico paese al mondo che il Sudan gli proibiva di visitare.

Ma ancora più osceno è il fatto che la nuova legge riservi una punizione speciale ( sette anni contro i cinque per gli altri rifugiati "infiltrati" ), per quelli che scappano da nazioni che la legge definisce come "stati nemici" - neanche a dire, il Sudan è fra questi. La catastrofe del Darfur, e gli africani che scappano da siccità, carestia, pestilenza, stupri pianificati, despotismo laido, criminalità rampante e guerre improvvise, non sono certo cose che spetti ad Israele di risolvere. Neppure ci si può aspettare che un paese piccolo che già di per sè ha una quantità e qualità di problemi da togliere il fiato, spalanchi le sue porte ad incalcolabili migliaia di rifugiati. Israele può, però, servire da esempio e da facilitatore - sì, come coscienza - per gli impegni umanitari che l'intero mondo sviluppato dovrebbe prendersi sulle spalle.

L'autore, e giornalista Gershom Gorenberg, ha proposto che Israele dovrebbe dichiarare pubblicamente il proprio impegno ad accogliere un numero di rifugiati che sia ragionevolmente in grado di sostenere, ed organizzare una conferenza presso lo Yad Vashem, dove i rappresentanti delle nazioni saranno "spinti, incitati e colpevolizzati quanto basta perchè dichiarino quanti rifugiati accoglieranno."

Nel frattempo - e certamente prima che la legge passi davanti alla Knesset per l'approvazione definitiva, fra poche settimane - i legislatori farebbero bene a rileggersi il Deuteronomio 10:19: "Ama lo straniero, perchè tu eri straniero nella terra di Egitto."

Tradotto per EFFEDIEFFE.com da Massimo Frulla

Fonte> Haaretz.com (26 giugno)

Originale >  Israel's own version of Holocaust denial

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