don C. Nitoglia 03 Aprile 2015
LA SOFISTICA IN GENERALE
1] Cfr. W. A Nestle, Storia della religione greca, Firenze, 1973; G. Reale, I problemi del pensiero antico dalle origini a Platone, Milano, 1972; Id., Storia della filosofia greca e romana, 10 voll., Milano, Bompiani, vol. 2°, Sofisti, Socrate e Socratici minori, 2004; E. Zeller – R. Mondolfo, La filosofia dei Greci nel suo sviluppo storico, 4 voll., I parte, La filosofia presocratica, Firenze, 1932-1961; W. Jaeger, La teologia dei primi pensatori greci, Firenze, 1961; Id., Paideia. La formazione dell’uomo greco, Brescia, 1983; R. Mondolfo, Problemi del pensiero antico, Bologna, 1935; A. Levi, Storia della Sofistica, 2 voll., Napoli, 1966, M. Timpanaro, I Sofisti, Bari, Laterza, II ed., 1954 .
3] C. Fabro, La svolta antropocentrica di Karl Rahner, Milano, Rusconi, 1974. Per L’ANTROPOCENTRISMO MODERNISTICO v. la Costituzione del Concilio Vaticano II Gaudium et spes su “La Chiesa nel mondo contemporaneo” (n.° 24, § 4) recita: «l’uomo è in terra la sola creatura che Dio abbia voluto per se stessa (“propter se ipsam”)». Durante “l’omelia nella 9a Sessione del Concilio Vaticano II”, il 7 dicembre del 1965, papa Montini giunse a proclamare: «la religione del Dio che si è fatto uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Cosa è avvenuto? Uno scontro, una lotta, un anatema? Tale poteva essere; ma non è avvenuto. […]. Una simpatia immensa verso ogni uomo ha pervaso tutto il Concilio. Dategli merito almeno in questo, voi umanisti moderni, che rifiutate le verità, le quali trascendono la natura delle cose terrestri, e riconoscete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, più di tutti, abbiamo il culto dell’uomo». Giovanni Paolo II afferma nella sua prima enciclica (del 1979) ‘Redemptor hominis’ n. 13: «L’uomo – senza eccezione alcuna – è stato redento da Cristo, perché, con l’uomo – ciascun uomo senza eccezione alcuna – Cristo è in qualche modo unito, anche quando l’uomo non è di ciò consapevole […] mistero [della redenzione] del quale diventa partecipe ciascuno dei quattro miliardi di uomini viventi sul nostro pianeta, dal momento in cui viene concepito sotto il cuore della madre». Nella sua seconda enciclica (del 1980) “Dives in misericordia” n. 1 Giovanni Paolo II afferma: «Mentre le varie correnti del pensiero umano nel passato e nel presente sono state e continuano ad essere propense a dividere e persino a contrapporre il teocentrismo con l’antropocentrismo, la Chiesa [conciliare, ndr] […] cerca di congiungerli […] in maniera organica e profonda. E questo è uno dei punti fondamentali, e forse il più importante, del magistero dell’ultimo Concilio». Nella sua terza enciclica (del 1986) Giovanni Paolo II in ‘Dominum et vivificantem’ n. 50 scrive: «Et Verbum caro factum est. Il Verbo si è unito ad ogni carne [creatura], specialmente all’uomo, questa è la portata cosmica della redenzione. Dio è immanente al mondo e lo vivifica dal di dentro. […] l’Incarnazione del Figlio di Dio significa l’assunzione all’unità con Dio, non solo della natura umana ma in essa, in un certo senso, di tutto ciò che è carne: di … tutto il mondo visibile e materiale […]. il Generato prima di ogni creatura, incarnandosi … si unisce, in qualche modo con l’intera realtà dell’uomo […] ed in essa con ogni carne, con tutta la creazione».
4] Donoso Cortès giustamente scriveva: “Dietro i sofismi filosofici vengono le eresie teologiche e dopo le eresie è il turno delle rivoluzioni politiche e del boja” (Saggio sul Cattolicesimo, il Liberalismo e il Socialismo, Milano, Rusconi, 1974).
5] Cfr. M. Untersteiner, I Sofisti, 4 voll., Firenze, La Nuova Italia, 1949.
6] La natura del NICHILISMO FILOSOFICO è l’odio contro l’essere per partecipazione (la creatura), ma soprattutto contro l’Essere per essenza (Dio) ed è il tentativo di eliminare il concetto di creazione dal nulla dando al nulla una certa realtà anti-reale. Oltre l’odio contro Dio, la realtà e l’essere creato (Nichilismo metafisico), il Nichilismo odia e vorrebbe distruggere 1°) la ragione umana, rimpiazzandola col sentimento e l’istinto animalesco (Nichilismo logico) e 2°) la morale oggettiva sostituita con l’amoralismo o la trasgressività (Nichilismo morale). Ma, come Aristotele aveva obiettato ai sofisti, i quali asserivano: “la verità non esiste, nulla è conoscibile con certezza”, se son certo della non esistenza della verità e della non conoscibilità della realtà, almeno questi due principi per il sofista sono veri, certi e oggettivi, così si può obiettare al Nichilismo: se nulla esiste, non ha valore e non è vero nulla, almeno questo è certo, è vero ed ha valore ed esiste. L’anti-Decalogo nicciano può essere riassunto in due anti-comandamenti principali: 1°) se Dio non esiste tutto è permesso 2°) tranne il vero e il bene. È la follia del mondo attuale, in cui tutto è lecito tranne ricercare la verità, conformarvisi ed agire in maniera moralmente conseguente, ossia bene. Come osserva Gianfranco Morra, «Il postmoderno è ancora interno al moderno, del quale costituisce non già un oltre o un contro, ma solo una variante debole. Il postmoderno non è il superamento del moderno, ma il suo esito nichilistico. È un moderno abbacchiato e sfondato, edonistico e narcisistico, pluralistico e ludico, audiovisivo e istantaneo, consumistico e spudorato» (Gf. Morra, Il quarto uomo. Postmodernità o crisi della modernità?, Armando, Roma, 2ª ed., 1992, pagg. 19-20). Insomma la post-modernità è lo scacco o la dissoluzione suicida della modernità. Siccome, per il postmoderno, l’Essere non è, latita, sfugge, è assente, allora praticamente occorre vivere non più stabilmente, ma alla giornata, tirare a campare, lasciarsi andare, tollerarsi, spegnersi, morire, suicidarsi ed annichilarsi se mai fosse possibile. Il postmoderno è la prova del nove del fallimento della modernità, ma non ne offre l’antidoto, la via d’uscita, anzi aggrava la malattia intellettuale idealista (errore per eccesso), con l’irrazionalismo nichilista (errore per difetto) e autolesionista. «La modernità era un’epoca “giovane”, caratterizzata da forti ideali, la post-modernità, invece, è un’epoca vecchia e malata, in cui la sclerosi della decadenza diviene gusto della tolleranza, che non è tanto rispetto quanto indifferenza. Incapace di creatività... Nietzsche non usa ancora la parola postmoderno, ma un’altra che meglio definisce la crisi della modernità. Tale parola è nichilismo» (Gf. Morra, ibidem, pag. 23 e 25). Quindi Nichilismo e post-modernità si equivalgono, o meglio il Nichilismo spiega più dettagliatamente la natura del male che ci avvolge e che rischia di portare l’uomo verso l’abisso del nulla.
7] La SCUOLA DI FRANCOFORTE trasferitasi dalla Germania in America nel 1933, vi rimase con Teodoro Adorno sino al 1950 e con Herbert Marcuse sino al 1979. Tale scuola politica era caratterizzata dalla sostituzione dell’odio di classe del proletariato della rivoluzione comunista con il pansessualismo freudiano, con lo scatenamento degli istinti e con la perdita della padronanza di sé. Gli anni Sessanta del XX secolo hanno dato inizio alla rivoluzione totale in interiore homine colla Scuola di Francoforte, che ha scatenato l’istinto contro la ragione, l’animale contro il razionale e quindi ha distrutto la libera volontà.
8] Claude Lévi-Strauss, uno dei maggiori rappresentanti dello STRUTTURALISMO FRANCESE, nel 1962 col suo “capolavoro” La pensée sauvage (Parigi, Plon) “contrappone la mentalità primitiva e selvaggia a quella ‘civilizzata’ in base all’idea della superiorità affettiva, di stampo emotivo e irrazionale”. Il suo influsso lo si nota ancor oggi specialmente sui figli del Sessantotto nei quali l’elemento razionale e volontario-libero ha ceduto il posto all’emotività sentimentalistica e irrazionale. Jacques Lacan sostanzialmente propone l’uso della psicanalisi in funzione anti-filosofica, che avversa Socrate, Platone e Aristotele e persino Hegel, poiché nega sia l’oggetto reale della filosofia classica greca, sia il soggetto assoluto della filosofia moderna idealistica, per salvare solo le relazioni o “strutture” senza i termini di esse. Secondo Lacan il vero ritorno a Freud significa ritornare a Cartesio. Tuttavia il ritorno a Cartesio va limitato al suo dubbio metodico e al primato del Cogito sull’essere, mentre tutto il resto del suo sistema filosofico va rigettato. Anzi Freud ha tolto ogni certezza che Cartesio aveva lasciato all’uomo moderno, poiché se per Cartesio dove penso là mi trovo, per Freud “io sono dove non penso” (L’instance de la lettre dans l’inconscient ou la raison depuis Freud, 1957, p. 517), quindi il “non-pensiero” è il centro della psicanalisi strutturalistica lacaniana, in quanto l’inconscio sta là ove manca il pensiero. Georges Bataille (Su Nietzsche, 1945) segue Nietzsche e riconosce che nel mondo contemporaneo o post-moderno Dio è morto, la Modernità lo ha “ucciso” poiché ha cercato di rimpiazzarlo con l’Uomo. Ora “se Dio non esiste tutto è permesso”. Dunque Bataille nel solco del Nichilismo totale trasgredisce tutti i principi e le norme metafisiche, morali e logiche e cerca la sua realizzazione nel violare per principio la Legge naturale oggettiva, cerca la “santità”, l’eroismo o il raggiungimento del fine ultimo mediante il peccato, l’errore e la distruzione dell’essere creato per poter insidiare, ma invano, quello Increato.
9] Per uno studio sistematico del meta-sensibile occorre attendere Platone.
10] “Il Sofista è un cacciatore stipendiato di giovani ricchi, un rivendugliolo di cognizioni importate, uno smerciatore dei propri prodotti retorici”.
11] “La Sofistica è una sapienza apparente, non reale; il Sofista la vende come se fosse vera”. Inoltre Aristotele scriveva: “Eraclito dice di negare il principio di non contraddizione, ma allora perché va a Megara e non se ne sta tranquillo a casa pensando di camminare? E perché non si getta nel pozzo, ma si guarda bene dal farlo proprio come se pensasse che cadere non è lo stesso che non cadere?” (Metafisica, IV, 4, 1008 b).
12] V. Volkoff, Il Montaggio, Napoli, Guida, 1993; Id., Il Re, Napoli, Guida, 1989; Id., L’interrogatorio, Napoli, Guida, 1990: Id., La désinformation arme de guerre, Parigi, Julliard, 1986; Id., Petite histoire de la désinformation. Du cheval de Troie à l’Internet, Parigi, éd. du Rocher, 1999; A. De Lassus, La désinformation, Parigi, AFS, II ed., 1998.
“La DISINFORMAZIONE, cerca di sostituire delle idee false, come se fossero buone, a delle altre (che in realtà sono vere) fatte ritenere come cattive”. Si tratta di un condizionamento della mentalità degl’individui, delle famiglie, dei gruppi e dei popoli. Al tempo di Gesù il sinedrio fece accettare alla folla la falsa idea che Gesù fosse un criminale sovversivo e irreligioso, così da chiederne la crocifissione. I cosiddetti mass media e la carta stampata sono un potente strumento disinformatore. Essi oramai sono in gran parte privati e non più ‘nazionali’ e dipendono (oltre che dallo Stato, che ne mantiene una certa proprietà) soprattutto da alcuni ‘privati’ che costituiscono un potere autonomo, fondato sulla ricchezza finanziaria che influenza la vita sociale, politica e anche religiosa. La disinformazione (per es., il sinedrio con la sua autorità), quindi, prima intossica con una falsità (per es., Cristo è un malfattore e un eretico) una persona o un gruppo (i giudei e quindi Pilato con i romani), poi influenza il loro agire (‘crucifige, crucifige eum’, ‘me ne lavo le mani’). Si condizionano, in tal modo, gli spiriti e le mentalità, tramite i ‘mezzi di comunicazione’( il ‘passa parola’, oppure l’informazione pubblica stampata o audio-visiva), secondo il desiderio del ‘padrone’ di essi e così si fabbrica l’opinione pubblica. Si può e si deve reagire alla disinformazione organizzata: a) tramite lo studio della verità; b) con il non sostenere per nulla, neppure estrinsecamente o solo apparentemente, la menzogna disinformante. Il compromesso con la menzogna ci rende schiavi di essa. Restare ‘dentro’ [entrismo] un sistema che si sa essere falso, per poterlo pilotare dall’interno, non è lecito: il fine non giustifica i mezzi; c) col non restare passivi o cooperatori materiali dell’errore, ma denunciarlo, non subirlo, non ‘cavalcarlo’(ne saremmo vittime, forse incoscienti, ma pur sempre vittime: ‘cavalcare la tigre’ significa esserne, prima o poi, sbranati); d) col testimoniare la verità positivamente, dopo aver dimostrato pubblicamente “insottomissione all’errore” [Soljenitsin]; e) non dialogando col demonio: Eva ci sia d’esempio (‘Pour souper avec satan il faut une longue cuillière’).
13] “Con i Sofisti il pensiero acquista coscienza di sé come di un’essenza assoluta e unica. La soggettività fa di sé un principio primo e un assoluto, che tutto riferisce a sé ”.
14] Cfr. A. Del Noce, Il suicidio della Rivoluzione, Milano, 1978; Id., Il cattolico-comunista, Milano, 1981, Id., Cristianità e laicità, Milano, Giuffrè, 1998, pp. 161-169; Id., Appunti sull’irreligione occidentale. In Il problema dell’ateismo, Bologna, Il Mulino, 1964, pp. 293-333.
15] B. Mondin, Storia della metafisica, Bologna, ESD, 1998, 3° vol., p. 373.
16] Il NOMINALISMO OCCAMISTA è erede della sofistica greca antica, combattuta da Socrate, Platone e Aristotele (C. Giacon, Occam, Brescia, La Scuola, II ed.,1945, p. 120). Successivamente è stato ripreso dall’empirismo o sensismo inglese, secondo cui la conoscenza umana non è razionale, ma solamente sensibile. Il nominalismo è all’origine dell’individualismo sensista filosofico, del liberalismo politico e del liberismo economico e quindi del libertarismo morale. Infatti secondo il nominalismo si può conoscere solo il fatto e il singolo nella sua singolarità sensibile. Quindi esso è l’apoteosi dell’individualismo e la negazione della metafisica, della speculazione intellettuale, della sana ragione e del senso comune. Il nominalismo radicale di Occam riduce la metafisica alla logica e l’essere al pensiero, deprime la capacità della ragione umana di conoscere la realtà e spalanca la via allo scetticismo e all’agnosticismo posteriori. “Occam col suo nominalismo logico, che nega il valore oggettivo della conoscenza razionale, e con il suo pre-agnosticismo metafisico, che sopprime le basi razionali della fede e porta al soggettivismo e allo scetticismo, […] influì sulla formazione della filosofia moderna” (Occam, Brescia, La Scuola, II ed.,1945, p. 120).
17] Secondo l’UTILITARISMO non esiste un valore assoluto morale oggettivo, l’atto umano non è buono o cattivo in sé, ma tutto dipende dall’utilità e dalle conseguenze pratiche di esso, ossia, se l’atto produce conseguenze positive o mi è utile, allora è buono per me; altrimenti è cattivo per me: “Ciò equivale a dire che l’omicidio di un innocente…, la bestemmia ecc., non sono atti sempre ed in ogni circostanza malvagi, ma possono acquisire di volta in volta una qualificazione morale diversa, ossia non sono cattivi in ogni luogo né in ogni circostanza”. La conseguenza del pensiero utilitarista è il cosiddetto “principio di Caifa”, secondo il quale è meglio che un solo innocente muoia per la salvezza di tutto il popolo. Non esiste il bene o il male in sé, ma solo “per me/noi”. L’utilitarismo comporta l’edonismo psicologico, ossia la ricerca del piacere e la fuga dal dolore. Secondo il londinese Geremia Bentham il piacere coincide con ciò che mi è utile. L’edonismo ricerca il piacere non nel futuro o nell’aldilà, ma nel presente in atto.
18] M. Untersteiner, Sofisti. Testimonianze e frammenti, 4 voll., Firenze, la Nuova Italia, 1949, II ed. p. 90-92.
19] Cfr. Heinrich Gomperz, Sophistik und Rhetorik, Leipzig-Berlin, 1912; Th. Gomperz, Leipzig, 1896, tr. it., Pensatori greci. Storia della filosofia antica, 4 voll., Firenze, 1933.
20] MACHIAVELLI (1469-1527) è il pensatore che ha teorizzato in maniera sistematica l’autonomia della politica dalla morale. Secondo Machiavelli politica e morale non debbono combattersi, ma neppure essere subordinatamente coordinate (agnosticismo sociale). Esse, per Machiavelli, esistono indipendentemente e separatamente l’una dall’altra e debbono ignorarsi senza farsi guerra. Il machiavellismo è un sorta di indifferentismo o agnosticismo politico. Non è la lotta contro la morale, ma è il non volersi porre il problema etico e dunque agire in società, ossia politicamente, come se la morale oggettiva non esistesse per il Principe. L’uomo di Stato o il Principe, secondo Machiavelli, dirigendo lo Stato verso il suo fine che sono la felicità e la sicurezza puramente naturali dei cittadini, deve prendere, in teoria e in pratica, soltanto quei mezzi che risultano migliori per il suo scopo, che è la “ragion di Stato”, indipendentemente dalla legge morale oggettiva e universale anche ma non necessariamente contro di essa, anche se eventualmente sì, ove esse entrino in contrasto. Secondo il Fiorentino esiste solo la natura e non la grazia, la quale tuttavia può aiutare i cittadini a vivere nell’obbedienza al Principe, mentre per Lutero solo la grazia può integrare la natura intrinsecamente corrotta e malvagia. L’errore fondamentale della nuova politica machiavellica consiste nel voler sostituire alla morale oggettiva e naturale e alle regole oggettive di essa gli interessi dello Stato e del Principe. Come Lutero ha introdotto il soggettivismo in religione, Cartesio in filosofia, Machiavelli lo introduce nella politica. La filosofia politica tradizionale voleva unire la Società a Dio, mentre quella moderna vuole una politica autonoma dalla morale e da Dio. La politica moderna (ossia il machiavellismo) è segnata, come il luteranesimo, da un grave errore: la separazione o la confusione (giacché ogni eccesso è un difetto e gli estremi, nelle eresie, si ricongiungono) tra natura e Grazia, ragione e Fede, fine prossimo e Fine ultimo dello Stato. Il mondo moderno politicamente, specialmente con Machiavelli, considera solo il piano naturale (peraltro senza rispettarne l’ordine) ignorando quello soprannaturale, mentre con Lutero considera solo quello soprannaturale, (che sarebbe dovuto alla natura), per cui senza la grazia tutto è peccaminoso. Luteranesimo e machiavellismo sono le due facce contrapposte di una stessa medaglia.
21] Cfr. G. Saitta, L’illuminismo della sofistica greca, Milano, 1938
22] S. Zeppi, Protagora e la filosofia del suo tempo, Firenze, 1961.
23] Cfr. G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. 2, pp. 55-67.
24] “Dietro i sofismi filosofici vengono le eresie teologiche e dopo le eresie è il turno delle rivoluzioni politiche e del boja”. Donoso Cortès, Saggio sul Cattolicesimo, il Liberalismo e il Socialismo (Milano, Rusconi, 1974).
25] La MORALE AUTONOMA o agnostica vuol ignorare ogni oggetto da cui l’uomo possa dipendere e rifiuta di porsi il problema della verità. L’agnosticismo limita la possibilità di conoscere la verità soprattutto riguardo a Dio, che sarebbe totalmente inconoscibile dall’uomo. Esso riduce la conoscenza umana da razionale a puramente sensibile o animale. Quindi trascura le essenze, il perché delle cose, il Trascendente. Non nega li per principio o teoreticamente, come fa l’ateismo, ma è indifferente, li neglige, non se ne cura, anzi afferma che in pratica è meglio non pensarci. In questo senso è una filosofia peggiore anche dell’ateismo, che almeno si pone il problema di Dio, ma poi lo nega. Il modernismo, adottando l’agnosticismo kantiano, è una forma di agnosticismo teologico, che risolve il problema di Dio per via di sentimento o esperienza religiosa. In campo filosofico l’agnosticismo ha il suo massimo rappresentante in Kant, che limita la capacità conoscitiva razionale ai soli fenomeni e la nega per conoscere il noumeno o essenza intelligibile, che sottostà al fenomeno sensibile.
26] Cfr. E. Dupréel, Le sopistes, Neuchatel, 1949, p. 25.
27] L. Robin, Storia del pensiero greco, Torino, 1951.
28] Cfr. G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. 2, p. 68.
29] Di quest’opera ci son giunte due redazioni: una tramite Sesto Empirico (Contro i matematici, VII, 65 ss.) e la seconda tramandataci dall’anonimo autore del De Melisso Xenophane Gorgia (pervenutoci fra le opere di Aristotele. In italiano lo si può leggere in M. Untersteiner, Sofisti. Testimonianze e frammenti, Firenze, La Nuova Italia, II ed.,2° vol., 1949.
30] Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. 2, p. 69.
31] Cfr. M. Migliori, La filosofia di Gorgia, Milano, 1973.
32] L’errore principale, che sta alla base della morale soggettivista e relativista detta MORALE DELLA SITUAZIONE, risiede nella filosofia sofistica e poi nominalista (F. Roberti – P. Palazzini, Dizionario di Teologia morale, Roma, Studium, IV ed., 1968, vol. II, voce “Morale della situazione”, pp. 1065-1067, a cura di Pietro Palazzini), nella filosofia moderna e contemporanea e nella teologia protestantica e modernistica, che sostituiscono l’io pensante alla realtà oggettiva ed annullano la libertà umana ed il valore delle opere buone oggettive e reali per rimpiazzarle col sentimento morale soggettivistico dell’uomo, che si trova a vivere ed agire in una particolare situazione. La conclusione pratica e morale del nominalismo, negando filosoficamente che ogni uomo mantiene la stessa essenza o natura di essere umano (animale razionale e libero) nelle situazioni particolari e concrete in cui si trova a vivere, è che la situazione soggettiva ha il primato sulla legge morale e diventa, così, la regola dell’agire etico dell’uomo. È la situazione soggettiva che rimpiazza la legge e la morale oggettiva. È per questo che Occam nega la moralità intrinseca della azioni umane, poiché nominalisticamente il criterio della moralità è estrinseco all’oggetto dell’azione umana (G. Occam, In IV Sent., q. 9; Centiloqium theologicum, conclusione 7, B, F).
33] G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. 2, p. 77.
34] Cfr. S. Zeppi, L’etica di Proclo, in Studi sulla filosofia presocratica, Firenze, 1962, pp. 103-115.
35] Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. 2, p. 88.
36] S. Zeppi, L’etica di Proclo, cit., p. 115, nota 7.
37] L’ANARCHIA propugna la rivolta contro ogni autorità, non solo quella statale, ma anche umana e divina per arrivare all’autonomia assoluta dell’individuo. Il suo motto è “né Dio, né padrone!”.
38] Cfr. l’edizione e la traduzione dei frammenti di Antifonte in F. Decleva Caizzi – E. Bastianini, Corpus dei papiri filosofici greci e latini, parte I, vol. 1°, Firenze, 1989, pp. 176-227.
39] G. Reale, Storia della filosofia greca e romana, cit., vol. 2, p. 104.
40] Cfr. M. Untersteiner, I Sofisti, cit., vol. II, pp. 175-178.